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Santi del 30 Agosto

Il mio Santo > I Santi di Agosto

*Sant'Agilo - Abate (30 Agosto)
Etimologia: Agilo = pronto, attivo, dal latino
Martirologio Romano: Nel monastero di Rebais presso Meaux nel territorio della Neustria in Francia, Sant’Agílo, primo abate.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Agilo, pregate per noi.

*Beato Alfredo Ildefonso Schuster - Cardinale Arcivescovo di Milano (30 Agosto)
Roma, 18 gennaio 1880 - Venegono, Varese, 30 agosto 1954
Nacque a Roma il 18 gennaio 1880, divenne monaco esemplare e, il 19 marzo 1904, venne ordinato sacerdote nella basilica di San Giovanni in Laterano.
Gli furono affidati incarichi gravosi, che manifestavano però la stima e la fiducia nei suoi confronti.
A soli 28 anni era maestro dei novizi, poi procuratore generale della Congregazione cassinese, poi priore claustrale e infine abate ordinario di San Paolo fuori le mura.
L'amore per lo studio, che fanno di lui un vero figlio di San Benedetto, non verrà meno a causa dei suoi impegni che sempre più occuperanno il suo tempo e il suo ministero.
Grande infatti fu la sua passione per l'archeologia, l'arte sacra, la storia monastica e liturgica.
Il 15 luglio1929 fu creato cardinale da Papa Pio XI e il 21 luglio fu consacrato arcivescovo di Milano nella suggestiva cornice della Cappella Sistina.
Ebbe inizio così il suo ministero di vescovo nella Chiesa ambrosiana fino al 30 agosto 1954, data della sua morte, avvenuta presso il seminario di Venegono, da lui fatto costruire come un'abbazia in cima ad un colle. Fu proclamato Beato da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996. (Avvenire)

Etimologia: Alfredo = guidato dagli elfi, dall'anglosassone
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Venegono vicino a Varese, transito del Beato Alfredo Ildefonso Schuster, vescovo, che, da abate di San Paolo di Roma elevato alla sede di Milano, uomo di mirabile sapienza e dottrina, svolse con grande sollecitudine l’ufficio di pastore per il bene del suo popolo.
Nato a Roma il 18 gennaio 1880 da Giovanni, caposarto degli zuavi pontifici, e da Maria Anna Tutzer, fu battezzato il 20 gennaio.
Rimasto all’età di undici anni orfano di padre, e viste le sue doti per studio e la sua pietà, fu fatto entrare dal barone Pfiffer d’Altishofen nello studentato di S. Paolo fuori le mura.
Ebbe come maestri il Beato Placido Riccardi e don Bonifacio Oslander che l’educarono alla preghiera, all’ascesi e allo studio (si laureò in filosofia al Collegio Pontificio di Sant’Anselmo a Roma).
Fu monaco esemplare e il 19 marzo 1904 venne ordinato sacerdote in San Giovanni in Laterano.
Gli furono affidati incarichi gravosi, che manifestavano però in se la stima e la fiducia nei suoi confronti.
A soli 28 anni era maestro dei novizi, poi procuratore generale della Congregazione Cassinese, successivamente priore claustrale e infine abate ordinario di San Paolo fuori le mura (1918).
L’amore per lo studio, che fanno di lui un vero figlio di San Benedetto, non verrà meno a causa dei suoi innumerevoli impegni che sempre più occuperanno il suo tempo e il suo ministero.
Grande infatti fu la sua passione per l’archeologia, l’arte sacra, la storia monastica e liturgica.
Gli infiniti impegni lo porteranno dalla cattedra di insegnante alla visita, come Visitatore Apostolico, dei Seminari.
Il 26 giugno 1929 fu nominato da Papa Pio XI arcivescovo di Milano; il 15 luglio lo nomina cardinale e il 21 luglio lo consacra vescovo nella suggestiva cornice della Cappella Sistina.
Ebbe inizio così il suo ministero di vescovo nella Chiesa Ambrosiana.
Prese come modello il suo predecessore il Santo vescovo Carlo Borromeo e di lui imitò anzitutto lo zelo nel difendere la purezza della fede, nel promuovere la salvezza delle anime, incrementandone la pietà attraverso la vita sacramentale e la conoscenza della dottrine cristiana.
A testimonianza di ciò sono le numerose lettere al clero e al popolo, le assidue visite pastorali, le minuziose e dettagliate prescrizioni specialmente in ordine al decoro del culto divino, i frequenti sinodi diocesani e i due congressi eucaristici. La sua presenza tra il popolo fu continua e costante.
Per questo non mancò mai ai riti festivi in Duomo, moltiplicò le consacrazioni di chiese e altari, le traslazioni di sacre reliquie, eccetera.
Allo stremo delle forze si era lasciato persuadere dai medici di trascorrere un periodo di riposo.
Scelse come luogo il seminario di Venegono, da lui fatto costruire come un’abbazia in cima ad un colle, mistica cittadella di preghiera e studio.
Qui si spense il 30 agosto 1954 congedandosi dai suoi seminaristi con queste parole: “ Voi desiderate un ricordo da me.
Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità.
La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia e prega.
La gente pare che viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza.
Ma se un Santo autentico, o vivo o morto, passa, tutti accorrono al suo passaggio.
Ricordate le folle intorno alla bara di don Orione?
Non dimenticate che il diavolo non ha paura dei nostri campi sportivi e dei nostri cinematografi, ha paura, invece, della nostra santità”.
Pochi giorni dopo, l’impressionante corteo che accompagnava la salma del cardinale Schuster da Venegono a Milano confermava che “ quando passa un Santo, tutti accorrono al suo passaggio”.
Il processo di beatificazione ebbe inizio nel 1957 e si concluse nel 1995 con l’approvazione del miracolo ottenuto per sua intercessione: la guarigione di suor Maria Emilia Brusati, da glaucoma bilaterale.
La proclamazione solenne di beatificazione è del 12 maggio 1996. La memoria liturgica è il 30 agosto.
Bibliografia
- Lecisotti, Il Cardinale Schuster, 2 voll., Abbazia di Viboldone
- Beltrame Quattrocchi, Al di sopra dei gagliardetti..., Marietti
- Suor Amalia, Schuster. Racconti come fioretti, Istituto di Propaganda Libraria.
- Majo, Schuster. Una vita per Milano, NED
- Schuster, Al diletto popolo..., EP
- Schuster, La nostalgia del chiostro..., Piemme
- Apeciti, Ciò che conta è amare..., ITL Centro Ambrosiano.
Preghiera

Padre origine di ogni bene, noi ti lodiamo e ti ringraziamo perché nel Beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster ci hai donato e fatto conoscere un pastore mansueto e infaticabile, uomo “tutto preghiera”, testimone della pace che tu solo sai donare.
Signore Gesù, Figlio di Dio, tu sei stato per il cardinal Schuster modello di vita:
per tuo amore fu servo appassionato di tutti, consumando ogni giorno della sua esistenza perché ciascuno potesse trovare te, Signore della vita, della pace e della gioia.
Il suo esempio ci stimoli e la sua preghiera ci accompagni, perché anche noi doniamo la vita al servizio di ogni essere umano.
Spirito dell’amore, che ci rendi santi, concedici di raccogliere il suo invito alla santità.
Rendici capaci, come lui lo è stato, di amare i poveri, i dimenticati, i perseguitati; donaci la forza di dialogare con tutti, con la fiducia di scoprire in ogni cuore il seme germogliante del tuo amore.
Amen.

(Autore: Don Marco Grenci – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Alfredo Ildefonso Schuster, pregate per noi.

*Beato Ángel Alonso Escribano - Sacerdote degli Operai Diocesani, Martire (30 Agosto)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Valdunciel, Spagna, 18 gennaio 1897 – Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Ángel Alonso Escribano nacque a Valdunciel, in provincia e diocesi di Salamanca, il 18 gennaio 1897. Il 11 settembre 1921 fu ordinato sacerdote e divenne membro della Confraternita degli Operai Diocesani.
Era formatore nel Seminario Diocesano de Almería quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ángel Alonso Escribano, pregate per noi.

*Beato Antonio Garcia Padilla - Sacerdote e Martire (30 Agosto)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Alboloduy, Spagna, 14 maggio 1881 – Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Antonio García Padilla nacque ad Alboloduy, in provincia e diocesi di Almería, il 14 maggio 1881. Il 28 maggio 1904 fu ordinato sacerdote.
Era parroco di Húercal de Almería quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio Garcia Padilla, pregate per noi.

*Beato Aurelio Leyva Garzòn - Sacerdote e Martire (30 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Cadice, 24 novembre 1877 – Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Aurelio Leyva Garzón nacque a Cadice, in provincia di Granada e diocesi di Cadice, il 24 novembre 1877. Il 21 dicembre 1901 fu ordinato sacerdote.
Era coadiutore della parrocchia di Santiago de Guadix quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix. Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Aurelio Leyva Garzòn, pregate per noi.

*San Bononio - Abate (30 Agosto)

Bologna, X sec. - Bologna, 30 agosto 1026
Nasce a Bologna nella seconda metà del X secolo. Trascorre la giovinezza nella sua città e successivamente parte per l'oriente; decide di stabilirsi a Il Cairo per fare l'eremita.
Qui Bononio si dedica a opere di carità a sostegno delle popolazione, con cui costruisce anche alcune chiese. Contribuisce alla liberazione del vescovo di Vercelli, Pietro, fatto prigioniero dagli arabi dopo la sconfitta subita da Ottone II a Stilo.
Ritornato in patria il vescovo in segno di riconoscenza nomina Bononio - che nel frattempo si ritira sul Sinai - abate del monastero di Lucedio.
Il Santo risponde alla chiamata del vescovo e accetta il nuovo incarico.
A Bononio si attribuiscono alcuni miracoli compiuti a Bologna, la sua città natale, dove fa tappa durante il viaggio verso Lucedio.
Si ferma anche in Toscana, nel monastero di San Michele di Marturi nel territorio di Poggibonsi. A Lucedio, forte della sua profonda spiritualità, il Santo ripristina la disciplina dei religiosi e si adopera per aiutare la popolazione locale. Bononio muore il 30 agosto del 1026; le sue reliquie si trovano nella chiesa di Fontanetto Po, in provincia di Vercelli. È canonizzato da Papa Giovanni XIX. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Lucedio in Piemonte, San Bononio, abate, che condusse vita eremitica prima in Egitto e poi sul monte Sinai.
Bononio, come il nome stesso tradisce, nacque a Bologna, nella seconda metà del X secolo. Dopo aver trascorso in città la giovinezza, partì per l’oriente e si stabilì presso Il Cairo, in Egitto, a condurre vita eremitica.
Durante la sua permanenza nel paese del Nilo si distinse per la sua pietà e devozione e per la sua dedizione a favore delle locali popolazioni, per le quali anche collaborò alla costruzione di alcune chiese.
Quando Pietro, vescovo di Vercelli, venne catturato dagli arabi, in seguito alla sconfitta subita da Ottone II a Stil, Bononio si interessò per la sua liberazione che si concretizzò prima del 990. Al suo
ritorno in patria, Pietro per riconoscenza nominò il santo, nel frattempo ritiratosi a vita eremitica sul Sinai, abate del monastero di Lucedio.
Nel suo viaggio verso il nuovo impegno, si fermò prima in Toscana, presso il monastero di San Michele di Marturi, nel territorio di Poggibonsi e successivamente nella sua città natale, ove compì dei miracoli.
Giunto a Lucedio Bononio, ricco della sua esperienza monastica, di profonda spiritualità e dotato di singolari capacità pratiche, si dedicò al governo della fondazione monastica, cercando di ripristinare la disciplina e moralizzando i costumi dei monaci.
Si adoperò anche per il bene materiale delle popolazioni che vivevano nei territori posti sotto la sua giurisdizione, dimostrandosi all’altezza dell’incarico ricevuto
La tradizione locale piemontese ricorda suoi viaggi attraverso le varie affiliazioni del monastero lucediese.
In Valsesia, egli si sarebbe recato in visita all’abbazia di Parone dedicata ai Santi Pietro e Paolo e poco lontano dal detto monastero, a Doccio, sorse poi una chiesa, oggi parrocchiale del paese, sul luogo in cui il santo si sarebbe fermato a riposare.
In un altro luogo poco distante egli avrebbe suggerito la costruzione di una chiesa in onore della Vergine, oggi in forme seicentesche dedicata alla Madonna del Rosario, ma che nella sua struttura evidenzia tracce di fasi più antiche.
Morì in fama di santità a Lucedio il 30 agosto del 1026, in tale giorno se ne celebra la festa nel calendario liturgico piemontese.
Il suo impegno ed il suo operato a servizio della Chiesa, in un’epoca non certo facile, furono pubblicamente riconosciuti sia dal pontefice Giovanni XIX, che lo canonizzò, sia dal vescovo di Vercelli Arderico, che monumentalizzò la sua sepoltura con la costruzione di un altare.
Le sue reliquie, dopo la soppressione del monastero, sono oggi venerate nella chiesa parrocchiale di Fontanetto Po. L’iconografia, per altro limitata ai luoghi in cui è presente il suo culto, Bononio è raffigurato genericamente come un abate, senza particolari attributi che ne facilitino l’identificazione.

(Autore: Damiano Pomi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bononio, pregate per noi.

*Beati Diego Ventaja Milan e Emanuele Medina Olmos - Vescovi e Martiri (30 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartengono: “Beati Martiri d'Almeria”  
"Martiri della Guerra di Spagna"

+ Almeria, Spagna, 30 agosto 1936
Nato a Ohanes (Spagna) il 22 giugno 1880, Diego Ventaja Milan era vescovo di Almeria dal 16 luglio 1935. Il 5 agosto 1936 fu arrestato dai miliziani rossi, insieme con Emanuele Medina Olmos, nato a Lanteira (Spagna) il 9 agosto 1869, vescovo di Cadice e altri ecclesiastici.
Furono trucidati in odio alla fede il 30 agosto 1936.
Nel processo di canonizzazione ai due vescovi sono uniti 7 fratelli delle Scuole Cristiane, uccisi nello stesso tempo. Il processo di beatificazione iniziò in Almeria il 7 febbraio 1956.
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato questi 9 martiri il 10 ottobre 1993.

Martirologio Romano: Ad Almería sempre in Spagna, passione dei Beati martiri Diego Ventaja Milán, vescovo di Almeria, e Emanuele Medina Olmos, vescovo di Cadice, che, condotti in carcere in odio al nome cristiana, sopportarono pazientemente insulti e angherie, finché di notte furono trucidati.
Durante i tragici eventi della guerra civile spagnola (1936-1939) le complicazioni che sorsero, a partire dal 1936, si ripercorsero anche sulla vita della Diocesi di Almeria, situata in una delle zone più povere della Spagna. Il gruppo dei martiri di Almeria e costituito dal Vescovo di Almeria, Diego Ventaja Milán, dal Vescovo di Guadix-Baza, Manuel Medina Olmos e da sette Fratelli delle Scuole Cristiane: Aurelio María, José Cecilio, Edmigio, Amalio, Valerio Bernar do, Teodomiro Joaquin e Evencio Ricardo.
Il Beato Diego Ventaja Milàn nacque, il 22 giugno 1880, ad Ohanes provincia e diocesi di Almeria, da Juan Ventaja e Palmira Milán. Al battesimo il successivo giorno 24, gli furono imposti i nomi Diego José Paulino.
Completat brillantemente gli studi superiori al Sacro Monte in Granada, Diego fu destinato come borsista al Collegio S. Giuseppe di Roma per seguire i corsi di Filosofia, Teologia e Diritto all'Universiti Gregoriana.
Ordinato sacerdote nel 1902, rientrò a Granada con tre dottorati e fu nominato cappellano del Sacro Monte e, anni dopo, Canonico della sua Chiesa Magistrale.
Per trentatre anni condusse la vita ordinaria di Canonico e Professore del Collegio, offrendo nel contempo la sua collaborazione fattiva nelle Scuole dell'Ave Maria, fondate dal Servo di Dio Andres Manjón, sino ad esserne nominato Vice-Direttore.
Presidente del Capitolo del Sacro Monte, confessore di numerose comunità religiose, Professore di Teologia Morale e membro del Consiglio Accademico del Seminario Centrale di Granada, il 4 maggio 1935 Pio XI destinava Diego Ventaja Milán alla guida della diocesi di Almeria. Consacrato vescovo il 29 giugno 1935 faceva la sua entrata in Almeria il 16 luglio successivo.
I quattro cento giorni del suo ministero episcopale vissuti con esemplare umiltà e fortezza terminarono con la via Crucis sul Calvario insieme al suo amico, il vescovo Manuel Medina Olmos.
Il Beato Manuel Medina Olmos nacque il 9 agosto 1869 a Lanteira, provincia di Granada, da Juan Medina Garzón e Pilar Olmos Núñez. A tredici anni conseguì la maturità e a 17 anni il dottorato in Teologia.
Seguirono poi dottorati in Diritto, Filosofia e Lettere. All'età di 22 anni fu ordinato sacerdote, subito dopo nominato parroco del Sacrario di Guadix e Prefetto degli Studi del Seminario.
Alcuni mesi dopo divenne canonico del Sacro Monte di Granada ove fu collaboratore del Servo di Dio Andres Manjòn nella conduzione della Scuole dell'Ave Maria da questi fondate. Per ben 23 anni fu poi Rettore de Sacro Monte, che era allora Università Ufficiale di Stato.
Delle sue pubblicazioni menzioniamo «La obra juridica del Padre Suirez», la «Historia de la Religiòn» e la raccolta di favole «Teatro infantil».
Preconizzato Ausiliare dell'Arcivescovo di Granada nel dicembre del 1925 e consacrato nella
cattedrale della città il 23 maggio del 1926, organizzò nelle stesso anno il congresso Mariano, meritandosi il plauso dei partecipanti.
Nominato vescovo di Guadix-Barca il 12 ottobre 1928, prese possesso della diocesi il 30 novembre successivo, e nel periodo in cui fu vacante la diocesi di Almeria vi operò quale Amministratore Apostolico, fino a quando, il 16 luglio 1935, vi entrò mons. Diego Ventaja Milán. Appena trascorso un mese dal suo ingresso nella Diocesi, iniziò le visite pastorali, la catechesi e un immenso lavoro culturale e sociale, vivendo personal­mente in uno spirito di povertà e dedizione totale.
Mons. Diego Ventaja e mons. Manuel Medina Olmos, legati da profonda amicizia e stima vicendevole per lunghi anni, trascorsero di nuovo insieme gli ultimi giorni come negli anni del Sacro Monte. Furono condotti insieme al luogo dell'esecuzione e subito fucilati. Era la notte dal 29 al 30 agosto 1936.
Il 10 ottobre 1993, Diego Ventaja Milán, Manuel Medina Olmos e i Fratelli delle Scuole Cristiane - Aurelio María, José Cecilio, Edmigio, Amalio, Valerio Bernardo, Teodomiro Joaquín e Evenzio Ricardo - sono stati proclamati Beati da Papa Giovanni Paolo II.

(Autore: Andreas Resch - Fonte:  Beati di Johann Paolo III.Volume III: 1991 - 1995)
Nato a Ohanes (Spagna) il 22 giugno 1880, Diego Ventaja Milan era vescovo di Almeria dal 16 luglio 1935.
Il 5 agosto 1936 fu arrestato dai miliziani rossi, insieme con Emanuele Medina Olmos, nato a Lanteira (Spagna) il 9 agosto 1869, vescovo di Cadice e altri ecclesiastici.
Furono trucidati in odio alla fede il 30 agosto 1936.
Nel processo di beatificazione ai due vescovi sono uniti 7 fratelli delle Scuole Cristiane, uccisi nello stesso tempo, dei quali ecco i nomi:
Villalon Acebron Benvenuto (frat. Aurelio Maria), nato il 22 marzo 1890 a Zafra nel Zancara (Cuenca), martirizzato il 13 settembre 1936 in Almeria; Rodriguez Gonzalez Bonifacio (frat. Giuseppe Cecilio), nato il 14 maggio 1885 a Molina de Ubierna (Burgos), martirizzato il 13 settembre 1936 in Almeria; Primo Rodriguez Isidoro (frat. Edmigio), nato il 4 aprile 1881 in Adalia (Palencia), martirizzato il 30 agosto 1936 in Almeria; Herrero Martinez Marciano (frat. Valerio Bernardo), nato il 9 giugno 1909 a Porquera de los Infantes (Burgos), martirizzato il 30 agosto 1936 in Almeria; Sainz Sainz Adriano (frat. Teodomiro Gioacchino), nato l’8 settembre 1907 a Puntedey (Burgos), martirizzato il 4 settembre 1936 in Almeria; Alonso Nyarra Eusepio (frat. Evencio Riccardo), nato il 5 marzo 1907 a Viloria de Rioja (Burgos), martirizzato l’8 settembre 1936 in Almeria. Il processo di beatificazione iniziò in Almeria il 7 febbraio 1956. Papa Giovanni Paolo II ha beatificato questi 9 martiri il 10 ottobre 1993.

(Autore: Leone Luigi Morelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Diego Ventaja Milan e Emanuele Medina Olmos, pregate per noi.

*Beato Dionisio Ullivarri Barajuan - Coadiutore Salesiano, Martire (30 Agosto)

Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Salesiani di Madrid e Siviglia”
“Beati 498 Martiri Spagnoli” Beatificati nel 2007
“Martiri della Guerra di Spagna”  
San Miguel de Olladels, Spagna, 9 ottobre 1880 - Madrid, 30 agosto 1936
Nacque a Vitoria il 9 ottobre 1880 e fu battezzato lo stesso giorno. Fece il Noviziato a Sarrià-Barcellona emettendo i voti il 1° marzo 1901. Lavorò come rilegatore nei collegi di Barcellona, Madrid, Salamanca e di Cuba, dimostrando ovunque ottimo spirito religioso.
Sopraggiunta la rivoluzione del luglio 1936, dovette allontanarsi dal collegio di Madrid e nascondersi. Venne scoperto come religioso il 30 agosto e fucilato. Beatificato il 28 ottobre 2007.

(Fonte: www.sdb.org)
Giaculatoria - Beato Dionisio Ullivarri Barajuan, pregate per noi.

*Beato Domingo Campoy Calvano - Sacerdote e Martire (30 Agosto)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Almería, Spagna, 17 marzo 1903 – Tabernas, Spagna, 30 agosto 1936

Domingo Campoy Galbano nacque ad Almería, nell’omonima provincia e diocesi, il 17 marzo 1903.
Il 11 ottobre 1925 fu ordinato sacerdote.
Era coadiutore della parrocchia di San Sebastián quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Pozo de la Lagarta, presso Tabernas.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Domingo Campoy Calvano, pregate per noi.

*Beato Ero di Armenteira - Abate (30 Agosto)

+ 1167
Fondò verso il 1153 il monastero di Armenteira, nella diocesi di Compostella (Spagna), dandogli la regola benedettina.
Nel 1162 vi introdusse la riforma cistercense. Morì nel 1167 ed è commemorato nei menologi dell’Ordine il 30 agosto.
Secondo una leggenda di provenienza irlandese avrebbe passato duecento anni ad ascoltare, rapito, il canto di un uccellino in un bosco.
É raffigurato spesso nelle chiese cistercensi. Dai Bollandisti viene elencato fra i “praetermissi”.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ero di Armenteira, pregate per noi.

*Beato Eustachio van Lieshout - Sacerdote (30 Agosto)

Aarle-Rixtel, Olanda, 3 novembre 1890 – Belo Horizonte, Brasile, 30 agosto 1943
Eustachio van Lieshout, sacerdote professo della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria (Picpus), fu dichiarato “venerabile” il 12 aprile 2003 ed è stato beatificato il 15 giugno 2006.
Umberto Van Lieshout nacuqe in Olanda, presso Vila de Aarle Rixtel, il 3 novembre 1890.
Attratto dall’integerrimo esempio di carità cristiana del Beato Damiano de Veuster, apostolo dei lebbrosi, nel 1915 entrò nella Congregazione dei Sacri Cuori, assumendo il nome religioso di Eustachio.
Ricevuta l’ordinazione presbiterale quattro anni dopo, esercitò il suo ministero nella diocesi di Haarlem presso i rifugiato belgi, acquistandosi immediatamente la loro fiducia ed amicizia.
Si adoperò per l’intronizzazione del Sacro Cuore nelle famiglie e fu solerte predicatore di esercizi spirituali.
Dal 1924 approdò in Brasile, ove assunse l’incarico della direzione del santuario di Nostra Signora di Abadia Suja (odierna Romania) in diocesi di Uberaba.
Il suo apostolato durò in tale luogo ben dieci anni, nei quali fu tangibile “la totale trasformazione di spirito del suo gregge”.
Già allora la sua fama di parroco modello, padre e difensore dei poveri, era ben nota nei dintorni.
Nel 1935 venne Padre Eustachio venne trasferito a Poà, parrocchia nei pressi di San Paolo.
Fu sempre puntuale nella visita dei suoi parrocchiani ammalati e fece edificare una grotta in onore della Madonna di Lourdes.
Incrementando la devozione verso Maria e San Giuseppe attirò una grande massa di fedeli e ben presto si iniziò a parlare di guarigioni miracolose verificatesi in tali luoghi.
Nel 1941 le strade della cittadina erano ogni giorno stracolme di gente giunta per chiedere consigli e benedizioni al Santo sacerdote.
Sempre maggior clamore suscitava la sua figura ed i superiori ritennero opportuno trasferirlo in una località più tranquilla.
Non appena giunto a Patrocinio, nei pressi di Minas Gerais, gli fu affidata la direzione spirituale della parrocchia di Cristo Re, a Belo Orizonte, ove rimase per diciassette mesi sino alla morte, spendendo ogni sue energia nelle più svariate attività parrocchiali: visita regolare degli ammalati, predicazione, esercizi spirituali, confessioni anche notturne e la ricostruzione della chiesa parrocchiale.
Dopo appena quattro giorni di malattia, spirò improvvisamente il 30 agosto 1943.
Il suo spirito apostolico, la sua bontà paterna e le virtù sacerdotali, da lui egregiamente vissute, gli conquistarono una grande fama di santità, in particolare nei luoghi del Brasile ove aveva operato.
Nel 1963 fu introdotta a Roma la causa per ottenere la sua elevazione agli onori degli altari ed il processo ordinario fu aperto il 27 settembre 1966; fu dichiarato “venerabile” il 12 aprile 2003 ed è stato beatificato il 15 giugno 2006.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Eustachio van Lieshout, pregate per noi.

*San Fantino il Giovane - Monaco (30 Agosto)

Nato a Taureana, discepolo di San Elia lo Speleota, condusse, di seguito, vita ascetica nel nord della Calabria ed in Grecia. Prima di "addormentarsi" a Tessalonica, inviò i discepoli da San Atanasio, il fondatore della Grande Laura del Monte Athos.
Martirologio Romano: A Salonicco in Macedonia, ora in Grecia, San Fantino, detto il Giovane, eremita, consumato da digiuni, veglie e fatiche per Cristo.
San Fantino il Giovane nacque in una località della Calabria "vicinissima alla Sicilia" nel 927 da Giorgio e Vriena, ricchi possidenti dotati di grandi virtù. Secondo la consuetudine del tempo il bambino fu offerto al Signore nella chiesa di San Fantino il Vecchio e all'età di otto anni fu affidato a Sant'Elia lo Speleota nella grotta di Melicuccà per essere avviato alla vita monastica. Dopo aver seguito per cinque anni gl'insegnamenti di Sant'Elia, ricevette da lui l'abito dei novizi e rimase a Melicuccà per vent'anni, fino alla morte del Santo, esercitando prima l'umile incarico di cuoco e poi quello della custodia della chiesa.
Trasferitosi nella regione del Mercurion trascorse diciotto anni di vita eremitica dedicandosi alla preghiera e alla penitenza e lottando contro le frequenti insidie del demonio. Dopo il lungo tempo passato in solitudine ritornò alla vita cenobitica e fondò un monastero femminile nel quale furono accolte la madre e la sorella Caterina. Seguì la fondazione di monasteri maschili, in uno dei quali trovarono accoglienza il padre e i fratelli Luca e Cosma.
Sentendo vivo il desiderio di un ritorno alla vita eremitica lasciò il fratello Luca la direzione del monastero più grande e si ritirò in un luogo solitario e selvaggio. Dalla nuova dimora di tanto in tanto si recava a visitare i nuovi discepoli, fra i quali vi erano i monaci Giovanni, Zaccaria, Nicodemo e Nilo, e trascorreva parte del suo tempo nel trascrivere codici.
Ripresa la vita cenobitica il Santo continuò a vivere nello spirito della penitenza. Trascorreva lungo tempo senza prendere cibo ed era spesso in estasi.
Ad opera del Santo avvennero alcuni fatti prodigiosi. Un'orsa che devastava gli alveari del monastero fu allontanata definitivamente col solo cenno della mano. All'invocazione del suo nome zampillò d'improvviso un getto d'acqua abbondantissimo per dissetare dei monaci, i quali affaticati andavano in cerca di alcune mule che si erano allontanate dal pascolo.
Il Santo, "poiché la gente in massa affluiva a lui di continuo, al pari di uno sciame, e non gli permetteva di godere senza disturbo il bene della solitudine", si recò al santuario di San Michele al Gargano.
Una notte, dopo la recita dell'ufficio, ebbe una terribile visione che non volle comunicare ai suoi monaci perché erano "cose assolutamente indescrivibili". Poi "gettato via il saio se ne andò nudo per i monti", dove "prese a star senza bere, senza mangiare e senza alcun vestito perfino per venti giorni di seguito". Continuando a vivere in solitudine e in penitenza " si nutrì per quattro anni di erbe selvatiche e di niente altro". Quando i monaci lo rintracciarono e lo trassero a forza al monastero riprese a ritornare "là dove si aggirava prima, preferendo le fiere agli uomini".
Nel monastero San Fantino fu visitato da San Nilo, il quale raccontò una visione di angeli risplendenti e di demoni, "fitti più di sciami di api", che lo riempirono "di timore e di orrore". Infine, trasportato "in una regione risplendente di luce", sentì "echeggiare un inno ineffabile, incessante, di cui non ci si può saziare" e vide sfavillare "un fuoco straordinario", che lo riempì "di divino furore". Seguì la vista dell'inferno, "luogo pieno di fumo maleodorante, privo di luce", popolato di dannati che "sospiravano dal profondo con infiniti lamenti". Trasportato poi "in un luogo splendente ed eterno" ebbe la visione dei beati e l'incontro con i genitori. Tornato in sé il Santo concepì "un totale disprezzo per le cose del mondo".
Dalla vita di San Nilo si ricavano numerose notizie intorno a San Fantino. Un particolare affetto, ispirato dalla santità e dalla carità fraterna, legava San Fantino a San Nilo, dal quale era corrisposto con filiale amorevolezza. Sembrava di vedere in essi la medesima unione di spirito che aveva unito gli apostoli Pietro e Paolo e i santi Basilio e Giorgio. Spesso insieme essi commentavano ai monaci la Sacra Scrittura.
San Fantino, avendo sentito che San Nilo era affetto da un grave male alla gola, si recò nella sua grotta per visitarlo e lo persuase a seguirlo nel monastero per prestargli le cure necessarie. Un altro
giorno San Nilo, essendo molto sofferente per le percosse che gli erano state inflitte dal demonio e che gli avevano procurato le paralisi del lato destro del corpo, fu invitato da San Fantino a leggere durante la veglia notturna che precedeva la festa degli apostoli Pietro e Paolo l'elogio in versi scritto in loro onore da San Giovanni Damasceno. Durante la lettura il malore andò scemando a poco a poco fino a scomparire.
Un giorno San Fantino comunicò a San Nilo una sua visione. Aveva visto i monasteri in rovina trasformati in "luride abitazioni di giumenti" e bruciati dal fuoco e i libri gettati nell'acqua e resi inservibili. Il Santo intravide in quella visione la futura sorte dei monasteri che avrebbero subito la distruzione non solo per le incursioni dei Saraceni, ma anche per "il generale decadimento della virtù ed il rilassamento della disciplina".
Il Santo, rispondendo ad una ispirazione che lo spingeva a lasciare la Calabria, all'età di sessant'anni con i discepoli Vitale e Niceforo s'imbarcò alla volta della Grecia. Durante il viaggio, venuta a mancare l'acqua per i passeggeri, il Santo fece riempire tutti i recipienti d'acqua marina, che a un segno di Croce fu trasformata in acqua potabile.
Raggiunta Corinto, si recò ad Atene per visitare il tempio della Madre di Dio. Si mosse quindi verso Larissa, dove dimorò a lungo presso il sepolcro del martire Sant'Achille. Trasferitosi a Tessalonica abitò per quattro mesi nel monastero del santo martire Mena. Lasciato quel cenobio andò ad abitare fuori le mura della città.
A Tessalonica il Santo, dopo aver recitato "la straordinaria preghiera di Filippo di Agira", guarì prodigiosamente un malato di nome Antipa. un giorno, mentre si recava al tempio della santa martire Anisia, s'imbattè nei santi monaci dell'Athos Atanasio e Paolo, che illuminavano "le solitudini come un faro" e rese gloria a Dio per quell'incontro. A Tessalonica indusse pure al pentimento un giudice che angariava la popolazione per avidità del denaro e un personaggio che occupava la carica più alta della città e compiva dei soprusi nei confronti di una vedova indifesa e di un orfano.
San Fantino operò a Tessalonica alcuni prodigi e grandi opere di carità. Una donna fu guarita con della terra cosparsa sugli occhi malati. Un uomo afflitto da cefalea e da mal di denti ottenne d'improvviso la guarigione. Un moribondo ritornò in perfetta salute dopo un bacio datogli dal Santo. Una filatrice che doveva a un tale "molte monete d'oro" per suo mezzo ebbe condonata parte del debito. A una povera vecchia che gli chiedeva qualche spicciolo diede la sua tunica. Predisse l'insuccesso di una tribù di Bulgari che si preparavano a fare razzia nella regione. Due fratelli, "gonfi di veleno e d'inimicizia", furono rappacificati. Fu indotto al pentimento un pentolaio che da sette anni "nutriva un'inimicizia implacabile nei riguardi di suo figlio".
Il Santo, ridotto orma in fin di vita, fu visitato dai monaci Simone e Fozio, ai quali rivelò che Pietro Sclero stava scrivendo un libro per appropriarsi dell'autorità con la ribellione, ignorando la fine alla quale andava incontro.
San Fantino morì intorno all'anno 1000, dopo avere abbracciato e benedetto i monaci che lo assistevano e fu sepolto con grande solennità nel luogo da lui prescelto. La biografia del Santo si chiude con una serie di miracoli da lui compiuti dopo la morte.
Nel Sinassario di Costantinopoli la memoria del Santo ricorre il 14 novembre. Statue di San Fantino in abiti monacali sono venerate a Chorio di San Lorenzo in diocesi di Reggio-Bova e a Lubrichi, in diocesi di Oppido Mamertina Palmi, dove la festa del Santo con processione viene celebrata il 31 Luglio.

(Fonte: www.lubrichi.it)
Giaculatoria - San Fantino il Giovane, pregate per noi.

*Santi Felice e Adautto - Martiri (30 Agosto)  
sec. III-IV
Le più sicure notizie sui santi Felice e Adautto provengono da un carme di San Damaso che ci dice solo che Felice ed Adautto erano fratelli e subirono il martirio. Probabilmente ciò accade sotto Diocleziano ed essi furono sepolti in una cripta del cimitero di Commodilla, presso San Pietro fuori le mura. Tale cripta, trasformata in basilica, è stata restaurata e possiede uno dei più antichi affreschi paleocristiani nel quale i due martiri sono insieme ai Ss. Pietro, Paolo e Stefano. Secondo una leggenda Passio del VII secolo, invece mentre il presbitero Felice veniva condotto al supplizio, uno sconosciuto si presentò dichiarando di volerne condividere la sorte. I due vennero decapitati e poiché il nome dello sconosciuto rimase ignoto fu chiamato "adauctus" (aggiunto), dai cui Adautto.
Etimologia: Felice = contento, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Commodilla sulla via Ostiense, santi martiri Felice e Adáutto, che, per aver reso insieme testimonianza a Cristo con la medesima intemerata fede, corsero insieme vincitori verso il cielo.
La storia dei santi Felice e Adautto sembra interessi più l'archeologia che la devozione. Dopo il loro martirio, avvenuto probabilmente durante la persecuzione di Diocleziano agli inizi del IV secolo, vennero sepolti in una cripta del cimitero di Commodilla, sulla via delle Sette Chiese, poco lontano dalla basilica di San Paolo fuori le mura. La cripta venne trasformata da papa Siricio in basilica, successivamente ampliata e decorata di affreschi dai papi Giovanni I e Leone III. Divenne così meta di pellegrini e di devoti fino al medioevo inoltrato, quando catacombe e santuari sotterranei caddero
in oblio o furono devastati. Il cimitero di Commodilla e la tomba di Felice e Adautto furono scoperti nel 1720, ma la soddisfazione del ritrovamento durò poco, perchè alcuni giorni dopo la volta della piccola basilica sotterranea crollò. Sui ruderi caddero nuovamente l'oblio e l'incuria fino al 1903, quando la basilica venne definitivamente restaurata. Si riscoprì uno dei più antichi affreschi paleocristiani, nel quale è raffigurato S. Pietro che riceve le chiavi alla presenza dei Ss. Stefano, Paolo, Felice e Adautto.
Secondo l'autore di una leggendaria Passio scritta nel secolo VII, quando il loro culto era in piena fioritura, Felice era un presbitero romano, condannato a morte durante la persecuzione di Diocleziano. Mentre veniva condotto al luogo dell'esecuzione, sulla via che porta a Ostia, dalla folla dei curiosi e dei compagni di fede si staccò uno sconosciuto, che andò incontro al condannato. Giunto a un passo dai soldati incaricati dell'esecuzione, proclamò a voce ferma di essere cristiano e di voler condividere la stessa sorte del presbitero Felice. Venne esaudito senza troppi indugi.
Dopo aver spiccato la testa di Felice, con la stessa spada decapitarono l'audace, che aveva osato sfidare le leggi dell'imperatore. Ma chi era costui? Nessuno dei presenti ne conosceva l'identità e fu chiamato semplicemente "adauctus", aggiunto, da cui il nome Adautto, "eo quod sancto Felici auctus sit ad coronam martyrii".
L'episodio restò vivo nella memoria della Chiesa romana, che associò i due martiri in un'unica commemorazione, al punto che alcune fonti li definiscono fratelli. La notizia più antica sui due martiri ci è fornita da un carme di papa Damaso, in cui viene elogiato il presbitero Vero per averne decorato il sepolcro. La diffusione del loro culto nell'Europa settentrionale ebbe origine dal dono di alcuni frammenti prelevati dalle loro reliquie e donati da papa Leone IV alla moglie di Lotario, Ermengarda.

(Autore: Piero Bargellini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Felice e Adautto, pregate per noi.

*San Fiacrio (Fiacre) - Eremita (30 Agosto)  

Non si sa molto della vita di questo asceta di origine irlandese del VII secolo, che una sola fonte indica come vescovo. Nella «Vita» di Farone, vescovo di Meaux, in Francia, morto nel 670, si narra come questi donò a un uomo di nome Fefrus (il nostro santo) una proprietà nella zona del Breuil. Questi vi edificò un monastero, da cui nacque una cittadina: Saint Fiacre-en-Brie. Le reliquie di Fiacrio furono trasferite dal cenobio alla cattedrale di Meaux, dove sono tuttora. Il suo culto si estese in Francia, Belgio, Lussemburgo e Renania. È patrono degli ortolani.  (Avvenire)
Patronato: Giardinieri, Ortolani, Tassisti, Malati di sifilide
Martirologio Romano: A Breuil sempre nel territorio di Meaux, san Fiacrio, eremita, che originario dell’Irlanda, condusse vita solitaria.
Un'aggiunta non anteriore al sec. X del Martirologio Geronimiano, al giorno 30 agosto riporta: "In Pago Meldensi natalis San Fiacrii, episcopi et confessoris". E' la sola fonte che menzioni il carattere episcopale di questo asceta del VII sec. di origine irlandese; gli antichi martirologi irlandesi d'altra
parte ignorano completamente Fiacrio; il Martirologio di Gorman (intorno al 1170) è il primo a ricordarlo. Nel Martirologio Romano è celebrato al 30 agosto come confessore.
Non c'è dunque da meravigliarsi che si ignori quasi tutto della sua vita. La Vita di Farone, vescovo di Meaux, morto nel 670, racconta che costui diede a un Sant'uomo di nome Fefrus una proprietà situata a tre miglia da Meaux nel Breuil per crearsi un monastero il quale sviluppandosi, divenne il centro di una città che prese il nome di S. Fiacre-en-Brie. Le reliquie di Fiacrio, che erano rimaste nella cappella del monastero, furono trasferite nel 1568 nella cattedraLe di Meaux, dove si conservano ancor oggi.
Il culto del Santo, dapprima limitato a S. Fiacreen-Brie, frequentato luogo di pellegrinaggio, si estese in Francia (Bourges, Parigi, Bretagna, Le Puy-en-Velay) come in Belgio, nel Lussemburgo e nella Renania. Lo si invocava per la guarigionc delle emorroidi, chiamate "fic saint Fiacre" (forse per un semplice gioco di parole).
Siccome nella Vita di San Farone è detto che il vescovo di Meaux avrebbe promesso al santo di dargli per la fondazione del suo monastero tanto terreno quanto ne poteva circoscrivere con un fosso in una giornata di lavoro, Fiacrio era venerato come patrono degli ortolani.

(Autore: Joseph-Marie Sauget - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Fiacrio, pregate per noi.

*Santi Fortunato, Gaio ed Ante - Martiri Salernitani (30 Agosto)
Il Martirologio Romano ricordava al 28 agosto il martirio di questi tre Santi, collocandolo in Salerno, durante la persecuzione di Diocleziano e sotto il proconsole Leonzio.
Non vi sono altre notizie documentate del loro martirio, né maggior luce ci viene da una passio, redatta non prima del sec. XI. Secondo il Delehaye, Fortunato sarebbe il martire ricordato nel Martirologio Geronimiano il 1° settembre con l'indicazione topografica di Cartagine, mentre Gaio ed Ante sarebbero, il primo un autentico martire di Ancira in Galazia commemorato nello stesso martirologio il 31 agosto, il secondo invece sarebbe da assimilare con «Anthineo», nome corrotto di
Ancira e ricordato alla stessa data.
Peraltro il culto di questi tre martiri è antichissimo nella città di Salerno, in cui, già nella prima metà del sec. IX, è ricordata l'esistenza di una chiesa fuori le mura, presso il fiume Irno, luogo del loro martirio.
In tale chiesa, che esisteva ancora nel sec. XVI, furono conservate le reliquie dei tre martiri, fin quando le frequenti scorrerie dei Saraceni non indussero il vescovo Bernardo, nella prima metà del sec. X, a trasferirle in città, nella chiesa di San Giovanni Battista.
Quando poi questa venne demolita per dare posto al grandioso tempio eretto dal Guiscardo in onore dell'Apostolo san Matteo, l'arcivescovo Alfano I, nel marzo 1081, le collocò nella cripta di esso, sotto l'altare, che egli dedicò ai medesimi martiri.
Di questa nuova traslazione rimane prezioso documento l'iscrizione originale marmorea, posta a copertura del loculo in cui erano state collocate le reliquie.
Tale iscrizione, con le rispettive urne delle reliquie, fu rinvenuta nel 1954, quando d'arcivescovo di Salerno, Demetrio Moscato, per una migliore sistemazione dell'altare, procedette a una ricognizione canonica delle reliquie.
Il culto dei tre martiri e la presenza delle loro reliquie in Salerno sono inoltre attestati da documenti del sec. X, dalle Bolle di Leone IX e Alessandro II, dagli inni che Alfano I compose in loro onore e dalla stessa toponomastica medievale, che aveva intitolata una delle porte della città al martire Fortunato.
Il Proprio dei Santi della Chiesa Salernitana li ricorda il 30 agosto con il grado liturgico di 'festa'.

(Autore: Antonio Balducci - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Fortunato, Gaio ed Ante, pregate per noi.

*Beato Francisco Rodriguez Carmona - Sacerdote e Martire (30 Agosto)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Vera, 17 aprile 1910– Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Francisco Rodríguez Carmona nacque a Vera, in provincia e diocesi di Almería, il 17 aprile 1910. Il 11 giugno 1933 fu ordinato sacerdote.
Era coadiutore della parrocchia di Tabernas quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Francisco Rodriguez Carmona, pregate per noi.

*Santa Gaudenzia - Vergine e Martire (30 Agosto)  
Nel Martirologio Geronimiano il 30 agosto è riportata, dopo alcuni martiri romani, questa lezione: "Gaudentiae virginis et aliorum trium".
Questa menzione è l'unica notazione antica che si possiede di Gaudenzia.
Alcuni critici ritengono che non si tratti di una martire romana, ma di un'errata trascrizione di copisti per cui Gaudenzia dovrebbe essere identificata con la martire romana Candida, ricordata dal Geronimiano il 29 agosto.
Affermazione tuttavia non sufficientemente provata.

(Autore: Gian Domenico Gardini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Gaudenzia, pregate per noi.

*Beato Gioacchino da Albocacer (José Ferrer Adell) - Sacerdote e Martire (30 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Cappuccini di Valencia”  
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”

1879 - 1936
Martirologio Romano:
Sulla strada tra Puebla Tornesa e Villafamés vicino a Castellón de la Plana sempre in Spagna, Beato Gioacchino (Giuseppe) Ferrer Adell, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e martire, che con il martirio conseguì il premio promesso a chi persevera nella fede.
Nacque il 23 aprile 1879 a Albocácer, diocesi di Tortosa e provincia di Castellón de la Plana. Venne battezzato lo stesso giorno della nascita. Era figlio unico degli sposi D. José Ferrer e Donna Antonia Adell.
Dopo aver compiuto i primi studi nel Seminario serafico dei Cappuccini, vestì l’abito a Massamagrell il 1° gennaio 1896 e professò il 3 gennaio dell’anno seguente. Fece gli studi di filosofia a Totana (Murcia) e quelli di teologia a Orihuela (Alicante).
Fu ordinato sacerdote il 19 dicembre 1903 per le mani del Vescovo di Segorbe.
Nel 1913 partì come missionario per la Colombia, dove nel 1925 fu nominato Superiore regolare della Custodia di Bogotá. Terminato il servizio di Superiore regolare, ritornò in Spagna e fu nominato
direttore del Seminario serafico di Massamagrell.
Come direttore cercò di infondere lo spirito missionario negli aspiranti ala vita religiosa. “Il P. Joaquín - dice D. José Piquer - si dedicava nel convento di Massamagrell all’insegnamento dei seminaristi come direttore del detto Seminario”. “Era infaticabile nel lavoro e nell’insegnamento agli alunni e li trattava come un buon padre”, dichiara di lui D. Antonio Sales.
Viene ricordato come un mistico: “Era una persona mistica; dolce nel tratto con tutti”, dice di lui il Sig. Antonio Sales. Era veramente consacrato alla salvezza di tutti.
Fu anima eucaristica: la rivista “Vita eucaristica” da lui fondata, l’adorazione diurna, le Ore Sante, i Giovedì eucaristici, furono opere a cui si dedicò con autentica generosità.
Quando si scatenò la persecuzione religiosa, prima mise in salvo i suoi seminaristi, poi andò a Rafelbuñol (Valencia) e si rifugiò in casa “Piquer”, seguendo di lì i suoi studenti e occupando il tempo nella preghiera con piena fiducia nella Provvidenza divina.
Lì fu catturato dai miliziani il 30 agosto e condotto a Albocácer con i suoi familiari. Poi sarebbe portato davanti al presidente del Comitato di Rafelbuñol alle dieci del mattino e alle quattro del pomeriggio dello stesso giorno, con la stessa auto, sarebbe condotto al km. 4 della strada di Puebla Tornesa a Villafamés, dove fu ucciso, e poi sepolto nel cimitero di Villafamés.
I suoi resti non hanno potuto essere identificati. Il P. Joaquín, durante le sue poche ore di carcere, cercò di incoraggiare e aiutare i suoi compagni. Alcuni testimoni dicono che “quando fu catturato ebbe un atteggiamento di massima umiltà e arrendevolezza” e salutando i suoi familiari disse loro: “Se non ci rivediamo sulla terra, arrivederci nella gloria”.

(Fonte: Santa Sede)
Giaculatoria - Beato Gioacchino da Albocacer, pregate per noi.

*Beato Giovanni Giovenale Ancina - Vescovo (30 Agosto)  

Fossano, Cuneo, 1 ottobre 1545 - Saluzzo, Cuneo, 30 agosto 1604
Elevato all’onore degli altari d Leone XIII il 9 febbraio 1890, Giovanni Giovenale Ancina fu uno dei primi discepoli di San Filippo Neri”.
Nell’Oratorio di Roma, a contatto con Padre Filippo, l'Ancina ha trovato la via su cui avrebbe poi impostato fedelmente tutta la sua esistenza: per l’Oratorio, la principale opera apostolica della Congregazione, lavorò con intelligenza e dedizione, mettendo al suo servizio anche le doti di letterato e di artista, oltre di cultore delle scienze teologiche e di ammirato predicatore. Richiamato a Roma nel 1596, è scelto dal Papa come Vescovo di Saluzzo.

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Saluzzo in Piemonte, Beato Giovanni Giovenale Ancina, vescovo, che, un tempo medico, fu tra i primi a entrare nell’Oratorio di San Filippo Neri.
L’Oratorio fu per lui un’impronta che orientò ed alimentò la sua vita ed il suo ministero. Tra le testimonianze che si possono cogliere nei suoi scritti c’è anche una poesia, nella quale - con l’armonia di eloquio, di ritmi e di suoni che rivela nell’Ancina il poeta ed il musico oltre che l’uomo colto- egli canta lo spirito e il fine dell’Oratorio: l’intelletto umano, capace di innalzarsi, attraverso l’esercizio della mente, alla conoscenza del creato e della sua bellezza, “gran cosa è certo” (l’Umanesimo di Padre Filippo e della sua scuola!), ma questa nobile impresa da sola non basta all’uomo se il cuore è freddo o se languisce per l’assenza del “celeste ardore” (il fervore religioso e la calda devozione della scuola di Filippo, in cui “si parla al cuore”!); se l’uomo non attinge a quello spirito divino che solo può dare all’anima immortale la gioia di cui è assetata e che lo conforta anche nell’ora del dolore, e se non risponde con opere buone (l’impegno ascetico della proposta filippina!) all’amore di Dio, nulla vale, tanto meno i beni del mondo ed ogni prestigio umano.
L’Oratorio, con i suoi sermoni familiari ed i suoi canti, è tutto in questa ricerca di “perfezione” dell’umano ottenuta in dono mentre si sale per i sentieri del “monte”, in cima al quale “tutto n’arde d’amor chi ‘n Dio s’adima”: pienamente arde d’amore chi si inabissa nella comunione con Dio.

L’Oratorio
“Ch’a l’intelletto human tutto si scopra / l’ente creato, e qui nulla si celi qui l’ingegno s’affine ove s’adopra; / ch’arte, natura e ciel tutto si sveli, // gran cosa è certo, alto maneggio et opra. / Ma vagli a dirne ‘l vero e senza veli, /che pro ne vien se ‘l cor freddo com’angue / o di celeste ardor scarso si langue? // Forma gentile e gratiosa in vista / ben può ella apparir, ma nulla vale, / se lo spirto divin non si racquista / onde sol può bearsi alma immortale, // e fuor di quel si giace amara e trista, / se trafitta la ten piaga mortale. / Nulla è haver monarchie tra mille mondi, / s’a Dio col ben oprar non corrispondi. // Qui tutto fisso è l’Oratorio e intento, / che si desti l’affetto e si riscalde: / a questo mira e tende ogni concento / e ogni suo discorso, in tener salde // sempre l’alme con Dio, vero contento. // Or siam del monte sol giunti alle falde, // ch’a mezzo il dorso e al sacro giogo in cima / tutto n’arde d’amor chi ‘n Dio s’adima".
Quando, nel 1586, iniziò a Napoli l’esperienza oratoriana, P. Ancina fu destinato da Padre Filippo a quella Casa su ripetuta sollecitazione di P. Francesco M. Tarugi, e con lo stesso ardore vi svolse molteplici attività di predicazione e di studio, dedicandosi anche alla poesia ed a composizioni musicali, di cui rimane prezioso documento il “Tempio armonico della B. V. Maria”, raccolta di canti e laudi spirituali a tre, cinque, otto e dodici voci.
La capitale del Regno lo vide promotore, per un decennio, di incontri culturali e formativi in vari ambienti. Il suo fervore apostolico lo spinse ad entrare in tutta la realtà culturale e spirituale di Napoli, e la città gli rispose con straordinario favore. Per l’aristocrazia e l’ambiente della Corte - a cui guardò con interesse profondamente pastorale, senza dimenticare di portare in questo mondo le ansie ed i problemi dei poveri - fondò l’Oratorio dei Principi; istituì sodalizi per i dottori, gli studenti, i mercanti, gli artigiani.
Organizzò recite ed accademie per le quali preparò i testi e la musica; compose numerose opere religiose in prosa e in versi, la parte maggiore delle quali è ancora inedita. Con questa dedizione instancabile nell’attività pastorale maturò i criteri di apostolato che poi avrebbe seguito negli anni successivi, soprattutto nel breve spazio del suo servizio episcopale. A Roma e a Saluzzo sovente richiamò le esperienze di Napoli.
Chiamato a Roma nel 1596, quando già si profilava per lui la nomina al vescovado di Saluzzo, concordata tra Clemente VIII ed il Duca di Savoia, P. Giovenale visse l’esperienza di un terribile travaglio; soprattutto quando, nel 1598, la decisione parve irrevocabile.  In una Roma che conosceva la corsa frenetica di molti alla carriera ecclesiastica, egli si diede alla fuga, prendendo la strada per Narni, San Severino, Fermo…, giungendo fino a Loreto e proseguendo per altri luoghi.
Con quel gesto profetico - che lo poneva sulla linea della più pura tradizione dell’Oratorio, al quale, nonostante gli interventi dello stesso Padre Filippo, il nuovo Papa, conoscendo il valore di questi uomini, aveva sottratto, nel 1592, P. Francesco Maria Tarugi per l’arcivescovado di Avignone e P. Giovan Francesco Bordini per quello di Cavaillon - P. Giovenale aveva cercato di rimanere l’apostolo di sempre, ma nella semplicità dello stile oratoriano.
Fu fatto tornare energicamente a Roma da quel suo cercato “deserto”, e vi fu accolto “con applauso universale”, come si legge nel “Ristretto della vita del Venerabile servo di Dio Giovanni Giovenale Ancina, vescovo di Saluzzo”: “da tutti acclamato per la generosa fuga dalle offerte dignità; il cardinale Tarugi particolarmente non cessava di encomiarlo dicendo: … Non si trovano dei Padri Giovenali che dicano: mi son dato alla fuga per starmene nel deserto”.
A causa del perdurare delle trattative tra la Curia Romana e lo Stato di Savoia sui diritti che la Sede Apostolica reclamava, la nomina tardò. Ufficializzata nel Concistoro del 26 agosto 1602, P. Giovenale dovette accettare quel peso. Avrà sicuramente ripensato in quel momento ai versi, volutamente popolareschi, composti a Fermo nei giorni della fuga: il “Nuovo cantico di Giovenale Ancina peccatore, a imitazione del Beato Jacopone da Todi. 1598”, come egli li intitolò, o “Il pellegrino errante” come saranno in seguito denominati: “Pastorato gran travaglio: por la vita a repentaglio, quando gregge và a sbaraglio… Vescovado gran tempesta, notte e giorno al cor molesta: se t’aggrada tale festa, fatti avanti, pecorone!”. Ma non era certo la paura delle fatiche apostoliche a fargli temere quel servizio… C’era il ricordo di Padre Filippo e della semplicità della vita all’Oratorio; c’era la sua umiltà, la coscienza del suo nulla: “Piscopato de Salluce, lascia ad autro esperto Duce, ca no sei tu sal né luce, ma sol ombra e Cocozzone!”. L’ordinazione episcopale gli fu conferita dal card. Tarugi nella amata Vallicella il 1° settembre.
Da Fossano, dove dovette fermarsi alcuni mesi a causa di ricorrenti questioni tra il Duca e la Santa Sede, e dove iniziò ad esercitare il suo ministero episcopale lasciando memoria addirittura di miracoli operati con la sua preghiera e la sua benedizione, inviò ai saluzzesi il suo primo saluto: “una breve lettera scrittavi con l’intimo affetto del cuore, per chiaro testimonio e pegno del sincero amore che vi portiamo, come padre ai figli”, nella quale presentava il suo programma: “Procureremo di visitare gli infermi, consolare gli afflitti, sollevare i bisogni dei poveri secondo le nostre forze”. Dichiarava, inoltre, la sua volontà di dialogare con tutti “in udienze facili e pronte”, di amministrare la giustizia temperando il rigore con equità e dolcezza; il suo impegno nella predicazione e nella catechesi ed il suo desiderio di veder rifiorire quella comunità cristiana nella frequenza ai sacramenti. E concludeva: “S’introdurrà anche l’Oratorio, conforme al modo e stile usato in Roma, in Napoli e in altre principali città d’Italia”.
Giunto a Saluzzo, indisse il Sinodo diocesano, istituì il Seminario, iniziò la Visita Pastorale applicando le disposizioni del Concilio di Trento con festosità e mitezza filippine, si dedicò al ricupero dei Valdesi e degli eretici ottenendo in questo campo conversioni cospicue: tra gli altri, il nipote di Calvino, che divenne carmelitano col nome di fra Clemente.  Predicò incessantemente, come aveva promesso e come lo ritrae la pala del Borgna sull’altare a lui dedicato nella cattedrale di Saluzzo. Colse ogni occasione per annunciare la Parola di Dio, prese spunto da ogni circostanza: come quando, trovandosi a Belvedere Langhe, improvvisò: “Che cosa pensate voi che sia Belvedere?
Forse vedere una Milano tanto popolata e mercantile? Forse una Venezia fondata in mare? O forse una Napoli con tanti bei dintorni? Sapete che cos’è il Belvedere? Il vedere Dio faccia a faccia, il vedere l’umanità di Cristo Redentore con le piaghe nelle mani, nei piedi, nel costato, sofferte con tanta carità per amore nostro; il vedere la Santissima Vergine sua madre…tanti angeli e santi in Paradiso. Questo, anime mie, è il Belvedere: e a questo dobbiamo aspirare tutti, prendendo i debiti mezzi che sono la confessione e penitenza dei peccati e l’osservanza della divina legge”.
Innumerevoli furono le opere di rinnovamento spirituale e di fattiva carità da lui compiute nello spazio di poco più di un anno. Stupisce che tale mole di lavoro sia stata compiuta in un tempo tanto breve da un uomo talmente dedito alla preghiera che, talora, inginocchiato nella sua stanza, non si accorgeva che qualcuno vi passava, e che era capace di dedicare anche cinque o sei ore continuate all’adorazione estatica del SS. Sacramento. La dignità episcopale non aveva per nulla modificato il suo tenore di vita appreso alla scuola di Padre Filippo: volle per sé niente più dello stretto necessario; la sua mensa era semplicissima, ma mai mancò di invitarvi ogni giorno almeno due poveri, e quattro nei giorni festivi; scelse per sé nel Palazzo le stanze più disagevoli, e trasformò la sua Casa - nella quale abitava anche un mendicante conosciuto a Roma e portato a Saluzzo - in un modello di comunità, dedita al lavoro, alla preghiera ed alla meditazione, alla celebrazione della Messa ed anche al silenzio in certe ore della giornata.
Ad una sola ricchezza mons. Ancina non potè rinunciare: la sua biblioteca, composta - come quella di Padre Filippo - di circa quattrocento volumi, tra i quali figuravano opere su tutte le scienze ecclesiastiche, libri di medicina, di storia naturale, di letteratura.
La sua opera di riforma del clero, dei religiosi, del laicato cristiano, fu interrotta dalla morte repentina: un sospetto avvelenamento - a cui non doveva essere estraneo un frate di vita dissoluta, colpito dai provvedimenti del santo Vescovo - pose fine alla sua esistenza terrena il 30 agosto del 1604. La sua Chiesa lo pianse con immenso affetto e ne conservò un riconoscente ricordo. L’ultimo frammento uscito dalla penna del Beato Ancina esprime, ancora in forma poetica, il grande anelito che sostenne tutta la sua vita e la sua azione apostolica, la sete di Dio alla quale non fu mai estraneo quel desiderio di martirio che P. Giovenale aveva alimentato alla fervida scuola di P. Filippo:
“Signore, io son contento / soffrir pena e tormento / purchè sia certo / che giovi all’alma mia. // E qual grazia maggiore / o più sublim favore / venir mi puo’ dal Cielo / che di squarciarmi il velo. // Il
velo che m’adombra / il corpo è che m’ingombra / sicchè a me non riluce / l’alta Divina Luce. // Venga dunque martìre, / conforme al mio desire / struggami ferro e fuoco, / questo ancor fia poco. // Ch’al ben di gloria eterna / per quel ch’io mi discerna / non è patir condegno / di pur’uomo santo e degno".
Merita ancora ricordare, in questo rapido sguardo posato sulla insigne figura del nostro Beato confratello, la fraterna amicizia che lo legò a san Francesco di Sales, “gemma della Savoia" il quale concluse i suoi giorni, consunto dalle fatiche apostoliche, il 28 dicembre del 1622, l’anno della canonizzazione di San Filippo Neri. Francesco non aveva conosciuto personalmente Padre Filippo; era stato però a contatto a Roma, nel 1598-99, con l’ambiente di Padre Filippo; visitando frequentemente la Vallicella conobbe e strinse amicizia particolarmente con alcuni tra i primi discepoli del Santo: il cardinale Cesare Baronio, P. Giovanni Giovenale e P. Giovanni Matteo Ancina, P. Antonio Gallonio.
Non è senza questi incontri e la stima maturata da Francesco per l’ambiente vallicelliano che la “Sainte Maison” da lui fondata a Thonon, nel Chiablese, sia stata eretta da Clemente VIII nel 1598 “iuxta ritum et instituta Congregationis Oratorii de Urbe” e che la Casa di cui Francesco era nominato primo Preposito abbia avuto il cardinale Baronio come protettore.
L’impegno svolto dal Sales al servizio di una vastissima direzione spirituale - nella profonda convinzione che la via della santità è dono dello Spirito per tutti i fedeli, religiosi e laici, uomini e donne - fece di lui uno dei più grandi direttori spirituali di tutti i tempi. E la sua azione, che ebbe nel dialogo, nella dolcezza, nel sereno ottimismo il proprio fondamento, consuona mirabilmente con la proposta spirituale di San Filippo Neri e della scuola oratoriana, per l’innata sintonia che le opere del Sales evidenziano.
Fatto vescovo di Ginevra nel 1602, contemporaneamente alla nomina dell’Ancina, la corrispondenza tra i due Pastori fu il tramite del rapporto; ma non mancò un incontro memorabile che colmò di gioia i cuore di entrambi. E’ lo stesso Francesco di Sales a ricordare questo evento nell’Elogio che, su mandato di papa Paolo V, preparò per la causa di beatificazione dell’amico: essendo venuto a Torino, in visita al Duca di Savoia - suo sovrano, poiché lo Stato Sabaudo comprendeva anche il Chiablese - volle incontrare mons. Giovenale: “Per salutarlo mi discostai dal mio cammino e mi diressi verso Carmagnola, dove il vescovo stava compiendo la visita pastorale”. Era il 3 maggio del 1603, festa della Invenzione della Santa Croce: invitato dal confratello a tenere un sermone, parlò con tanto fervore che Giovenale, congratulandosi ed alludendo al casato del Sales, gli disse: “Vere tu es Sal"; e Francesco, alludendo con arguzia ed umiltà al nome della diocesi di cui l’Ancina era vescovo, rispose: “Immo tu es Sal et Lux. Ego vere neque sal neque lux”.
Subito dopo la partenza da Roma, dove aveva iniziato lo stretto legame di amicizia con P. Giovenale, Francesco di Sales già gli aveva scritto da Torino il 17 maggio 1599: “Di tutti i successi segnalati sempre darò conto a Vostra Paternità Molto Reverenda, ed anche di me stesso, come di cosa assolutamente sua”; e non tralasciava occasione per manifestare ad altri la sua stima per l’Ancina, come ricorda il Priore di Bellavaux scrivendo al neo Vescovo di Saluzzo: “Il grande amore che [mons. di Sales] porta a Vostra Signoria Reverendissima si scopre in questo: che parla di Lei con un affetto ed una passione grandissima, rallegrandosi d’avere presto a vederla e abbracciarla in santa carità; dicendo arditamente a tutti che è figlio di V.S. Rev.ma e che lui stesso l’ha fatta Vescovo, avendolo proposto prima d’ogni altro a Sua Santità”. Alla Signora di Chantal, in morte di Giovenale, lo stesso Francesco di Sales scriveva: “Monsignor Vescovo di Saluzzo, uno dei miei più intimi amici, e dei più grandi servi di Dio e della Chiesa che fosse al mondo, è passato a miglior vita poco tempo fa con incredibile rincrescimento del suo popolo che non ha goduto dei suoi travagli che un anno e mezzo”.
Nell’Elogio citato, il vescovo di Ginevra additò nell’amico un modello esemplare della rinnovata azione pastorale promossa dal Concilio Tridentino, e pose in evidenza, insieme alle doti oratorie dell’Ancina, la sua introspezione spirituale, il dono delle guarigioni e l’entusiastico giudizio dei contemporanei. L’Elogio si chiude con una dichiarazione preziosa: “Non memini me vidisse hominem qui dotibus, quas Apostolus apostolicis viris tantopere cupiebat, cumulatius ac splendidius ornatus esset”: non ricordo di aver visto un uomo più abbondantemente e splendidamente ornato di tutte quelle doti che l’Apostolo sommamente desidera per gli uomini apostolici.
“Nella storia della santità post-tridentina - si legge in un articolo apparso su una diffusa Rivista italiana di pastorale - il beato Ancina occupa un posto di notevole rilievo. L’auspicabile pubblicazione delle sue opere renderebbe un importante servizio alla conoscenza di quell’epoca. […] L’Ancina è sicuramente un profeta ed un genio dell’evangelizzazione-comunicazione, nella quale diede ampio spazio alle arti, facilitando la convocazione delle classi umili nel convito universale della cultura, della socializzazione ludica e della pietà evangelica”.
Autore: Mons. Edoardo Aldo Cerrato CO
Le tentazioni di un giovane ricco: potremmo chiamarle così le varie opportunità che il mondo cinquecentesco offre al fossanese Beato Giovanni Giovenale Ancina. Innanzitutto le soldatesche (prima spagnole e poi francesi) che stazionano in città e che certamente non sono una scuola di modestia. Poi un’interessante proposta di matrimonio con una ragazza nobile e virtuosa che per di più (particolare non trascurabile) porta in dote duemila scudi. Infine l’opportunità di fare carriera a Roma, con la “raccomandazione” di un cardinale.
E’ un “Dies irae”, ascoltato in un chiesa di Savigliano, a far cambiare rotta al promettente medico ventisettenne (che ha anche conseguito una splendida laurea in Filosofia) e ad orientarlo verso il sacerdozio. A Roma resta affascinato da “un certo padre Filippo, stupendo per molti rispetti”, che altri non è che San Filippo Neri, il quale dopo averlo fatto sospirare non poco lo accoglie, insieme al fratello Giovanni Matteo, nella sua congregazione. Diventato sacerdote, inizia a Roma il suo ministero, (dove tra l’altro si interessa con passione alla fondazione della diocesi di Fossano) e poi accompagna San Filippo a Napoli, dove vive i dieci anni più belli del suo sacerdozio: raccoglie frutti insperati di conversioni, le sue prediche sono talmente partecipate che le chiese napoletane non sono sufficienti a contenere tutti coloro che lo vogliono ascoltare.
Ritorna a Roma per ordine di San Filippo, ma qui si accorge che sta correndo il grosso “rischio” di diventare vescovo. A “tradirlo” ed a metterlo in luce davanti a Clemente VIII, oltrechè la fama di uomo santo e di predicatore affermato, sembra sia proprio una predica che è chiamato a tenere davanti a Papa e Cardinali e che egli è costretto ad improvvisare, dato che ha dimenticato a casa gli appunti, frutto di una settimana di intenso lavoro e di ricerca biblica e patristica. Il risultato di quella predica “a sorpresa” è tale che il Papa non può più dimenticarsi di lui, che intanto, mentre prega e fa pregare che non gli capiti la “sventura” di diventare vescovo, abbandona la capitale e si mette a predicare in giro per l’Italia. Rintracciato e proposto per la sede episcopale di Mondovì, sceglie quella di Saluzzo (entrambe nel cuneese) perché più povera e difficile. Sa che qui la fede è minacciata non solo dall’eresia, ma soprattutto dalla scarsa preparazione di un clero, che in fatto di moralità e preparazione teologica lascia molto a desiderare.
Sa che, in mancanza di adeguate guide spirituali, nel popolo di Dio sta venendo meno il fervore e lo slancio religioso. Ancina sarà vescovo di Saluzzo per pochi mesi appena: giusto il tempo per rimettere un po’ di ordine, rinvigorire la fede, introdurre la pratica delle Quarantore, favorire il culto all’Eucaristia, combattere l’eresia che dalla vicina Francia sta dilagando in Piemonte. Inaugura un nuovo stile episcopale, sostituendo il modello del vescovo-principe, molto comune nel XVI secolo, con quello del vescovo-pastore buono, in piena sintonia con lo stile evangelico.
Sobrietà, penitenza, profonda pietà, austerità di vita, grande generosità verso i poveri, delicatezza e premure verso i malati: è questo il modo con cui il vescovo Ancina, precedendo con l’esempio, cerca di moralizzare il suo clero e cerca di ammaestrare il suo popolo. Non mancando, se necessario, di fare anche la voce grossa e di comminare sanzioni, come fa pochi giorni dopo il suo ingresso in diocesi, sospendendo dal ministero della confessione tutti i sacerdoti, ad eccezione dei parroci, e riservandosi di nominare solo quelli che se ne fossero resi degni. Nel suo essere cristiano e nel suo farsi pastore gli sono di modello San Filippo Neri, alla cui ombra si è formato, San Carlo Borromeo, suo contemporaneo, e san Francesco di Sales, che da Ginevra viene a Carmagnola, apposta per incontrarlo e confrontarsi con lui.
Intanto predica, con lo stile che gli ha trasmesso San Filippo Neri: in chiesa, per strada, anche su una pista da ballo durante una festa patronale. E prega: ore e ore ininterrotte davanti all’Eucaristia, o nella sua camera davanti all’immagine della Madonna, così assorto e devoto che per richiamarlo alla realtà a volte occorre scuoterlo non poco. Muore il 30 agosto 1604, a due anni esatti dalla sua nomina episcopale ed a 17 mesi appena dal suo ingresso in diocesi, e la sua fine è avvolta dal mistero: fu avvelenato da chi non condivideva la sua azione riformatrice e il suo zelo apostolico? I sospetti cadono su un frate, cui il vescovo Ancina pochi giorni prima aveva rinfacciato la condotta immorale e minacciato sanzioni canoniche, che gli serve un misterioso vino il giorno di San Bernardo (20 agosto), durante il pranzo che i frati del convento di Saluzzo hanno preparato per il vescovo. Fatto sta che i disturbi nel vescovo cominciano a manifestarsi subito dopo pranzo e muore dieci giorni dopo, tra lancinanti dolori. Nessuno ha interesse o vuole approfondire subito quel sospetto e su tutto viene steso un velo pietoso, per non suscitare un vespaio a disonore del convento.
Ma la conferma che ci sia del vero in questo presunto “giallo” viene proprio dalla Postulazione, che in un primo tempo cerca di impostare la causa di beatificazione dimostrando il martirio dell’Ancina “per il veleno datogli per adempiere agli obblighi suoi episcopali”. Ovvio che non ci riesca per il troppo tempo trascorso, per le mancate indagini effettuate a tempo debito, per la scomparsa degli eventuali testimoni e perfino per la mancanza del nome del sospetto assassino. Ciò non impedisce tuttavia a Giovanni Giovenale Ancina di giungere ugualmente alla gloria degli altari per l’ordinaria via del riconoscimento dell’esercizio eroico delle virtù cristiane, sancito dalla beatificazione avvenuta il 9 febbraio 1890 per bocca di Papa Leone XIII. Mentre lui, non dimenticandosi di essere stato medico, continua a prendersi cura di quanti gli affidano i propri malanni, come testimoniano le numerose relazioni di grazie ricevute.

Preghiera
O Dio, che nel beato Giovanni Giovenale Ancina, Vescovo, hai formato un eminente predicatore della tua parola e un pastore esemplarmente zelante, concedi per sua intercessione di custodire la fede che ha trasmesso con l’insegnamento e di seguire la via che ha tracciato con l’esempio. Per Cristo nostro Signore.
Signore, che nel beato Giovanni Giovenale Ancina, posto a servizio del tuo popolo, ti sei fatto medico delle anime e dei corpi, concedici per sua intercessione di godere sempre la salute spirituale e corporale. Per Cristo nostro Signore.

(Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Giovenale Ancina, pregate per noi.

*Beato Juan Garrido Requena - Sacerdote e Martire (30 Agosto)  
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017

"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Alcontar, Spagna, 3 maggio 1864 – Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Juan Garrido Requena nacque ad Alcontar, in provincia e diocesi di Almería, il 3 maggio 1864. Il 19 settembre 1896 fu ordinato sacerdote.
Era cappellano delle Scuole dell’Ave Maria di Granada, quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Juan Garrido Requena, pregate per noi.

*Beato Juan Manuel Felices Pardo - Sacerdote e Martire (30 Agosto)  

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Almería, Spagna, 28 giugno 1893 – Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Juan Manuel Felices Pardo nacque ad Almería, nell’omonima provincia e diocesi, il 28 giugno 1893. Il 17 maggio 1916 fu ordinato sacerdote.
Era parroco della parrocchia di San Giuseppe di Almería quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Juan Manuel Felices Pardo, pregate per noi.

*Santa Margherita Ward - Martire in Inghilterra (30 Agosto)

Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Quaranta Martiri di Inghilterra e Galles”  

Congleton (Cheshire), 1550 ca. - Londra, 30 agosto 1588
Fa parte di un gruppo di 40 martiri inglesi, beatificati da Pio XI il 15 dicembre 1929 e poi canonizzati da Paolo VI il 25 ottobre 1970. Essi morirono negli anni dal 1535 al 1679, al tempo delle persecuzioni contro i cattolici. Margherita Ward nacque a Congleton intorno al 1550, da distinta famiglia.
Cattolica, aveva saputo dell'arresto del sacerdote Guglielmo Watson, che era stato sottoposto a tortura. Margherita lo visitò varie volte.
Watson era stato già imprigionato una volta ma, in un momento di debolezza per le torture subite, aveva acconsentito a partecipare ad un culto protestante ed era stato liberato: pentitosi, aveva dichiarato di essere cattolico e quindi era finito nuovamente in prigione.
Margherita ne favorì la fuga, ma una corda penzolante fece capire che era stato aiutato dalla donna e la Ward venne arrestata. Lei confermò quanto fatto e si rifiutò di rivelare il nascondiglio del fuggitivo, non volle chiedere il perdono alla regina Elisabetta, né aderire al culto protestante. Per questa ragione venne impiccata il 30 agosto 1588. (Avvenire)

Etimologia: Margherita = perla, dal greco e latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, Santa Margherita Ward, martire, che, sposata, fu condannata a morte sotto la regina Elisabetta I per avere aiutato un sacerdote e accolse con animo lieto il martirio dell’impiccagione a Tyburn.
Nello stesso luogo, subirono insieme a lei il martirio i beati Riccardo Leigh, sacerdote, e i laici Edoardo Shelley e Riccardo Martin, inglesi, Giovanni Roche, irlandese, e Riccardo Lloyd, gallese, il primo perché sacerdote, gli altri per avere dato ospitalità a dei sacerdoti.
Margherita Ward fa parte di un gruppo di 40 martiri, beatificati da Pio IX il 15 dicembre 1929 e poi canonizzati da papa Paolo VI il 25 ottobre 1970.
Essi morirono negli anni dal 1535 al 1679, al tempo delle persecuzioni contro i cattolici, scatenate in Inghilterra e Galles, dalla regina Elisabetta I (1533-1603), da Giacomo I (1566-1625) e poi con Carlo I e Carlo II.
Margherita Ward nacque a Congleton nel Cheshire intorno al 1550, in una distintissima famiglia
inglese, si sa che negli ultimi anni visse in casa della nobile signora Whitall, della quale era dama di compagnia.
Era di religione cattolica e aveva saputo che era stato arrestato il sacerdote Guglielmo Watson, il quale era sottoposto in carcere a continui sofferenze.
Era in corso la persecuzione della sanguinaria Elisabetta I Tudor contro i cattolici e la tortura per gli arrestati era una pratica usuale; Margherita decise di andarlo a visitare varie volte, per aiutarlo e confortarlo con una buona parola.
Il Watson era stato già imprigionato una prima volta, ma poi in un momento di debolezza per le torture subite, aveva acconsentito a partecipare ad un culto protestante e quindi liberato; ma amaramente pentito di questa scelta, aveva pubblicamente ritrattato e dichiarato di essere cattolico, quindi di nuovo imprigionato nel carcere del Bridewell.
Margherita spinse la sua carità, fino a favorire la fuga del Watson dal carcere, ma una corda rimasta penzoloni da una finestra, dopo la fuga alquanto rovinosa del prigioniero, fece capire subito che era stato aiutato dalla visitatrice, pertanto la Ward venne arrestata e condotta davanti al giudice.
La gentildonna non solo confermò in pieno quanto aveva fatto, ma si rifiutò anche di rivelare dove era nascosto il fuggitivo, non volle chiedere il perdono alla regina Elisabetta, né volle aderire al culto protestante, condizioni che le erano state poste per ottenere la liberazione.
Ella era convinta di non avere offesa in alcun modo la sovrana e considerava cosa assolutamente contraria alla sua fede genuina cattolica, l’assistere alle funzioni di un culto eretico.
Venne pertanto condannata alla pena di morte per alto tradimento; immolò la sua vita per la fede cattolica in cui credeva e che non aveva voluto abiurare e da intrepida e giovane eroina, salì il patibolo nel famigerato luogo delle esecuzioni, chiamato Tyburn a Londra, venendo impiccata il 30 agosto 1588.
Suoi compagni di martirio furono nello stesso giorno il sacerdote Riccardo Leigh ed i laici Edoardo Shelley e Riccardo Martin, inglesi; Giovanni Roche irlandese e Riccardo Lloyd del Galles, sacerdoti. Anch’essi come santa Margherita Ward sono ricordati il 30 agosto.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Margherita Ward, pregate per noi.

*Beata Maria Rafols - Fondatrice (30 Agosto)

Villafranca del Panadés, Spagna, 5 novembre 1781 – Saragozza, Spagna, 30 agosto 1853
La Beata spagnola Maria Rafols, vergine, fondò la Congregazione delle Suore della Carità di Sant’Anna presso l’ospedale della città di Saragozza e lo governò con animo forte nonostante molte difficoltà.
Giovanni Paolo II la beatificò il 16 ottobre 1994.

Martirologio Romano: A Saragozza in Spagna, Beata Maria Rafols, vergine, che fondò presso l’ospedale di questa città la Congregazione delle Suore della Carità di Sant’Anna e la resse con forza d’animo pur tra molte difficoltà.  
È stata beatificata da papa Giovanni Paolo II, il 16 ottobre 1994 in Piazza S. Pietro a Roma, insieme al gesuita Alberto Hurtado Cruchaga, alla fondatrice madre Giuseppina Vannini, al sacerdote fondatore Nicola Roland e alla fondatrice madre Petra di S. Giuseppe.
Maria Rafols nacque il 5 novembre 1781 a Villafranca del Panadés (Barcellona), sesta dei dieci figli del mugnaio Cristóbal Rafols e Margherita Bruna Brugol.
La famiglia risiedeva nel mulino di En Rovina e costituì per Maria una fucina di salde virtù, ricevendo i primi insegnamenti di austerità, di lavoro e aiuto reciproco.
Quando aveva quasi due anni, a maggio 1783 la famiglia si trasferì a La Bleda, piccolo paese vicino Villafranca, dove il 27 maggio 1785 ricevette la Cresima, impartita dal vescovo di Barcellona, mons. Gabino Valladares, nella chiesa del convento delle Carmelitane della cittadina.
A 11 anni, la famiglia si trasferì di nuovo in un vicino paesino, Santa Margarita, qui gli morirono nel 1793 il piccolo fratello Giuseppe (ben cinque fratelli morirono in tenera età) e due zii, marito e moglie, mentre il 10 luglio 1794 morì suo padre.
Maria si rivelò dotata di ottime qualità intellettive e così i familiari la mandarono nel Collegio dell’insegnamento di Barcellona, gestito dalle “Maestre della Compagnia di Maria”.
Non ci sono molte notizie sul periodo degli studi e sulla sua giovinezza; ma certamente fu attratta dal clima di fervorosa carità verso i bisognosi e gli ammalati, esistente in quel periodo a Barcellona ed entrò a far parte di un gruppo di dodici giovani, che sotto la guida del sacerdote don Juan Bonal y Cortada, oggi Servo di Dio (1769-1829), cappellano dell’Ospedale Santa Cruz di Barcellona, stavano costituendo una confraternita per mettersi ad assistere tutti i più poveri fra gli ammalati ricoverati, i disabili psichici, i bambini abbandonati.
Padre Bonal e Maria Rafols compresero che dedicarsi così completamente ai bisognosi, richiedeva persone consacrate a Dio, disposte a servire i malati con uno spirito di fede e con amore.
Per realizzare tutto ciò, padre Juan Bonal si trasferì nel settembre 1804, all’Ospedale “Nuestra Señora de la Gracia” di Saragozza e Maria Rafols con altre undici giovani donne lo raggiunse il 28 dicembre dello stesso anno.
Benché avesse solo 23 anni, Maria Rafols venne nominata Preside della piccola comunità femminile, seme fecondo della futura grande Congregazione.
Si adoperò per la trasformazione dell’Ospedale in preda all’incuria, agli abusi e al disordine di alcuni dipendenti mal retribuiti; inserendo nel contesto la vita apostolica delle suore, anche se non compresa né desiderata dai dirigenti dell’Ospedale.
Il grande Ospedale di Saragozza, accoglieva ogni anno da 6.000 a 8.000 ricoverati e le consorelle della confraternita facevano fronte come potevano alle necessità, nel 1808 persero anche l’aiuto del gruppo di confratelli che le affiancava, per l’ostilità dei dirigenti e per le tante difficoltà sopravvenute; padre Bonal comunque rimase fra loro, lavorando anche per la costituzione della nuova Congregazione che doveva accoglierle.
Ci furono due assedi di Saragozza da parte dell’esercito francese di Napoleone, nel 1808 e 1809 e l’Ospedale il 4 agosto 1808 fu ridotto in cenere, Maria Rafols e le consorelle si rifugiarono nell’antico ospedale per convalescenti, dove poi Maria trascorse tutta la vita.
Non ci furono solo rovine materiali per la Guerra Franco-Spagnola, ma anche fu colpita la nascente Congregazione; la giunta dell’ospedale, nominata dal governo francese, interferì allontanando il
fondatore padre Juan Bonal e imponendo delle regole redatte dal vescovo Michele Suarez de Santander, costrinse alle dimissioni Maria Rafols dalla carica di presidentessa.
Le consorelle comunque osservavano la regola del fondatore fra loro, ma all’esterno cercarono di adeguarsi a quella imposta dalla giunta.
Maria Rafols si distinse per la sua eroicità e carità, soprattutto durante gli assedi e gli scontri del 1808 e 1809; a capo di un gruppo di consorelle fu presente ovunque bisognava soccorrere i feriti, i prigionieri, gli ammalati senza rifugio, i dementi allo sbando; morirono nove giovani sorelle in questa difficilissima situazione.
Maria si recò anche nell’accampamento francese, durante l’assedio e rischiando la vita, per supplicare il generale di mandare soccorsi per i feriti e gli ammalati; si prodigò per la liberazione dei prigionieri; la città di Saragozza, nel centenario dell’assedio, le tributò il titolo di “eroina della carità”.
Superati gli sconquassi della guerra, continuò l’opera assistenziale nell’Ospedale di Saragozza, dirigendo la piccola comunità fino al 10 agosto 1812, quando le nuove costituzioni entrarono in vigore e venne nominata una nuova superiora.
Pur essendosi dimessa da Presidente per evitare disunità nell’associazione, subentrò comunque una crisi e alcune consorelle lasciarono la comunità; Maria Rafols prese l’incarico di sagrestana e poi nel 1813 quello della “Inclusa” cioè incaricata dei bambini abbandonati ed orfani.
Finalmente il 15 luglio 1824, la piccola comunità circoscritta all’Ospedale di Saragozza, ottenne l’approvazione delle costituzioni e l’associazione divenne la Congregazione “Istituto delle Suore della Carità di Sant’Anna” e il 16 luglio del 1825, Maria Rafols pronunciò insieme alle sue consorelle i primi voti pubblici, diventando di nuovo presidentessa, carica che tenne fino al 1829.
Per le implicazioni ideologiche e religiose, conseguenti ai disordini politici scaturiti durante la prima guerra “carlista”, l’11 maggio 1834 Maria Rafols come molte altre personalità ecclesiastiche, fu arrestata e messa in carcere dall’Inquisizione.
Nonostante che fosse stata giudicata e dichiarata innocente, fu lo stesso esiliata l’11 maggio 1835, presso l’Ospedale di Huesca, perché fu ritenuta inopportuna la sua presenza nell’Ospedale “Nuestra Señora de la Gracia” di Saragozza.
Ad Huesca soggiornò presso un gruppo di consorelle, provenienti anch’esse da Saragozza; qui restò fino al 1841, poi poté ritornare a Saragozza, dove riprese con maggiore zelo la sua attività a favore dei bambini orfani.
Carità e povertà furono le virtù più caratteristiche di tutta la sua vita, che santamente si concluse a Saragozza il 30 agosto 1853 a 72 anni, dei quali 49 come Sorella della Carità.
La Congregazione delle “Suore della Carità di Sant’Anna”, poté diffondersi solo dal 1858, dietro autorizzazione accordata dalla regina Isabella II e oggi è presente in 27 Paesi con 287 Case. Le spoglie della Beata Maria Rafols e del Servo di Dio don Juan Bonal, fondatori dell’Istituzione, furono traslate nel 1925 nella chiesa della Casa Generalizia delle Suore della Carità di S. Anna. La causa per la sua beatificazione fu iniziata nel 1926; la sua celebrazione è al 30 agosto.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Rafols, pregate per noi.

*Beato Mariano Morate Domìnguez - Sacerdote e Martire (30 Agosto)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:

"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017

"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Palencia, Spagna, 8 settembre 1894 – Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Mariano Morate Domínguez nacque a Palencia, nell’omonima provincia e diocesi, l’8 settembre 1884.
Il 19 settembre 1908 fu ordinato sacerdote.
Era canonico della Cattedrale dell’Incarnazione di Almería quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Mariano Morate Domìnguez, pregate per noi.

*Santi Martiri della Colonia Suffetana (30 Agosto)  

Martirologio Romano: Commemorazione dei santi sessanta martiri, uccisi a Sbeitla nell’Africa bizacena, oggi Tunisia, dalla furia dei pagani per aver distrutto una statua di Ermes.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Martiri della Colonia Suffetana, pregate per noi.

*Beato Nicòlas Gonzàlez Ferrer - Sacerdote e Martire (30 Agosto)  
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Vera, Spagna, 1° marzo 1862 – Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Nicolás González Ferrer nacque a Vera, in provincia e diocesi di Almería, il 1° marzo 1872. Il 12 giugno 1897 fu ordinato sacerdote.
Era coadiutore della parrocchia di Vera quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Nicòlas Gonzàlez Ferrer, pregate per noi.

*San Pammachio di Roma (30 Agosto)

Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di San Pammachio senatore, uomo insigne per lo zelo nella fede e per la generosità verso i poveri, alla cui pietà verso Dio si deve la costruzione della basilica recante il suo titolo sul colle Celio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pammachio di Roma, pregate per noi.

*Beato Pedro Antonio Almécija Morales - Sacerdote e Martire (30 Agosto)  
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Alsodux, Spagna, 29 settembre 1903 – Tabernas, Spagna, 30 agosto 1936

Pedro Antonio Almécija Morales nacque ad Alsodux, in provincia e diocesi di Almería, il 29 settembre 1903. Il 25 maggio 1929 fu ordinato sacerdote.
Era parroco di Benitagla quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Pozo de la Lagarta, presso Tabernas.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Pedro Antonio Almécija Morales, pregate per noi.

*San Pietro di Trevi - Eremita (30 Agosto)  
Fu un apostolato itinerante quello dell’eremita Pietro, vissuto nel XII secolo. Nato a Rocca di Botte, vicino Carsoli, in Abruzzo, fuggì per evitare un matrimonio combinato. A Tivoli, nel Lazio, ebbe dal vescovo il mandato a predicare nella zona. Tornò poi a casa, ma ebbe una visione che gli chiedeva di partire. Si recò a Subiaco e, risalendo la valle dell’Aniene, a Trevi nel Lazio. Fece di un tugurio la base per la missione nel territorio. Morì forse nel 1052. È santo dal 1215. Il centro del suo culto è a Trevi, di cui è protettore e dove riposa nella collegiata. Sue reliquie sono nei vari luoghi dove operò. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Trevi nel Lazio, san Pietro, che, analfabeta, coltivò nella solitudine la sapienza del Vangelo.
San Pietro è una figura di santo che appartiene a quella schiera di eremiti itineranti che caratterizzarono la religiosità dei secoli XI-XII, cioè vivevano da soli o con piccolo gruppo e sostavano in un luogo per potersi poi allontanare verso altri, dopo aver predicato e convertito con la parola e con l’esempio della loro austera vita, vivendo di carità.
Nacque a Rocca di Botte presso Carsoli in Abruzzo, visse in quel paese fino alla gioventù, poi per sfuggire ad un matrimonio combinato dai suoi genitori, si allontanò andando a Tivoli, rimanendovi due anni alla scuola di un certo Cleto.
Il suo maestro quando vide che aveva raggiunto un’adeguata preparazione, lo presentò al vescovo di
Tivoli, Gregorio, il quale gli diede la tonsura, una croce di ferro e il compito di andare a predicare la religione fra gli abitanti dei vari paesi della diocesi.
Ritornò a Rocca di Botte e nei successivi due anni predicò incessantemente lì e nei luoghi vicini, come Carsoli, Vallinfreda, Tufo, Cervara, Poggio Cinolfo, ecc. poi ebbe una visione in cui gli apparvero Gesù e la Madonna che lo sollecitavano a portare altrove la sua parola.
Spostò il suo apostolato a Subiaco, qui visse cinque mesi ospite della chiesa di s. Abbondio oggi concattedrale del luogo; da Subiaco risalendo il corso del fiume Aniene, si portò nell'antica diocesi di Trevi, poi soppressa nel 1059-61, dove visse in un tugurio, posto sotto una scala di pietra e da lì continuò la sua opera di apostolato itinerante, morendovi il 30 agosto di un anno che tradizionalmente si pensa fosse il 1052.
Nel 1215 fu proclamato Santo dal vescovo di Anagni con l’autorità del papa Innocenzo III. Il centro del culto al santo è a Trevi nel Lazio, dove il corpo è conservato nella collegiata e di cui è protettore, le sue reliquie sono sparse in tutti i comuni dove maggiormente operò a partire da Rocca di Botte, numerose manifestazioni religiose si tengono in suo onore, a partire dalla vigilia della sua festa il 30 agosto.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro di Trevi, pregate per noi.

*Beato Raimondo di Santa Grazia - Mercedario (30 Agosto)  
Rinomato dottore in Sacra Teologia, il Beato Raimondo di Santa Grazia, era mercedario del convento di San Tommaso in Tortosa (Spagna).
Governò il convento con saggezza, lo zelo delle virtù, la parola e l'esempio fino alla morte lasciando un vivo ricordo di vita tutta per Cristo.
L'Ordine lo festeggia il 30 agosto.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Raimondo di Santa Grazia, pregate per noi.

*Beato Riccardo - Premostratense (30 Agosto)  
† 30 agosto 1155
Originario della Lotaringia e discepolo a Laon del maestro Radolfo, Riccardo, commosso da una predica di San Norberto sulla vanità delle cose terrene, seguì il fondatore dell’Ordine Premostratense nel monastero di Prémontré, non lungi da Laon.
Ivi si distinse per la vita austera e quindi dal Beato Ugone, successore di Norberto nella direzione dell’Ordine, fu inviato presso Pont-à-Mousson, nell’abbazia di Ste-Marie-aux-Bois di cui fu il primo priore.
Morì il 30 agosto 1155.
Secondo la tradizione era dotato del dono delle profezie e della facoltà di fugare i demoni.

(Autore: Jean-Baptiste Valvekens - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Riccardo, pregate per noi.

*Beati Riccardo Leigh, Edoardo Shelley, Riccardo Martin e Giovanni Roche -  Martiri (30 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:

"Beati Martiri Inglesi" Beatificati nel 1929 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Martiri di Gran Bretagna e Irlanda" - Senza data (Celebrazioni singole)

† Tyburn, Londra, 30 agosto 1588

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, Santa Margherita Ward, martire, che, sposata, fu condannata a morte sotto la regina Elisabetta I per avere aiutato un sacerdote e accolse con animo lieto il martirio dell’impiccagione a Tyburn.
Nello stesso luogo, subirono insieme a lei il martirio i Beati Riccardo Leigh, sacerdote, e i laici Edoardo Shelley e Riccardo Martin, inglesi, Giovanni Roche, irlandese, e Riccardo Lloyd, gallese, il primo perché sacerdote, gli altri per avere dato ospitalità a dei sacerdoti.
Il 30 agosto 1588 vennero impiccati al patibolo di Tyburn, a Londra, cinque uomini e una donna, accusati di alto tradimento verso la regina Elisabetta I: il vero motivo, però, era la loro fedeltà al
cattolicesimo.
Richard Leigh, il primo di essi, era nato nel Cambridgeshire verso il 1561 e fu ordinato sacerdote a Roma nel febbraio 1586-’87, per ritornare nel suo paese natio come missionario.
Arrestato e bandito, tornò a Londra nel 1588, ma venne condannato a morte a causa del suo essere sacerdote.
Edward Shelley, invece, aveva circa cinquanta o sessant’anni quando venne incarcerato nella prigione detta “The Clink” (forse dal rumore delle sbarre o delle catene di ferro), nell’aprile 1584. La condanna gli giunse perché aveva assistito padre William Dean, successivamente martirizzato anch’egli.
Richard Martin, nativo dello Shropshire, aveva semplicemente comprato del cibo per cena a padre Robert Morton, col quale venne arrestato, allo stesso modo di Richard Lloyd (noto anche con i nomi di Flower, Floyd, Flud e Graye), che aveva badato a padre William Horner.
Lievemente diverso è il caso di John Roche, barcaiolo di origine irlandese. La sua vicenda s’intreccia con quella di Margaret Ward, la quale chiese il suo aiuto nel far fuggire padre William Watson, rimasto ferito mentre cercava di evadere dalla prigione di Bridewell.
John scambiò i suoi abiti con quelli del sacerdote, ma venne sorpreso e arrestato con la sua alleata, a causa di una corda che pendeva dalla finestra della cella.
Mentre Margaret Ward venne canonizzata il 25 ottobre 1950 e Richard Lloyd beatificato nel 1987 (rimandiamo alle loro schede singole per approfondimenti), i restanti compagni di martirio entrarono nel gruppo dei centosette martiri inglesi e gallesi il cui culto venne confermato il 15 dicembre 1929.

(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Riccardo Leigh, Edoardo Shelley, Riccardo Martin e Giovanni Roche, pregate per noi.

*Beato Riccardo Lloyd - Giovane laico, Martire (30 Agosto)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:

"Beati Martiri Inglesi" Beatificati nel 1987 - 4 maggio
"Martiri di Gran Bretagna e Irlanda" Senza data (Celebrazioni singole)

Anglesea, Galles, circa 1566 – Tyburn, Londra, 30 agosto 1588
Richard Lloyd (detto anche Flower, Floyd, Flud e Graye) è uno di quei laici che, semplicemente per aver aiutato un sacerdote offrendogli da bere, nel suo caso padre William Horner, venne imprigionato e giustiziato il 30 agosto 1588, a circa ventidue anni. È stato beatificato il 22 novembre 1987.
Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, santa Margherita Ward, martire, che, sposata, fu condannata a morte sotto la regina Elisabetta I per avere aiutato un sacerdote e accolse con animo lieto il martirio dell’impiccagione a Tyburn. Nello stesso luogo, subirono insieme a lei il martirio i Beati Riccardo Leigh, sacerdote, e i laici Edoardo Shelley e Riccardo Martin, inglesi, Giovanni Roche, irlandese, e Riccardo Lloyd, gallese, il primo perché sacerdote, gli altri per avere dato ospitalità a dei sacerdoti.
Il cognome di questo personaggio si trova riportato nelle varianti Lloyd, Floyd, Flud, Graye e Flower, quest’ultima adottata nel decreto di beatificazione, mentre il Martirologio Romano lo segnala come “Lloyd”.
Discendente da una famiglia nobile di Anglesea, nacque probabilmente in quell’isola del Galles intorno al 1566. Molto intelligente e dotato, venne educato al cattolicesimo dal fratello Owen; aveva ancora
vive la madre e due sorelle.
Nel 1588 venne arrestato a Londra, nell’ambito della persecuzione istigata dal Duca di Leicester. La causa dell’arresto viene dichiarata, da un documento dell’epoca, come tradimento per aver semplicemente offerto un quarto di vino a padre William Horner, in base agli Statuti in vigore.
Probabilmente anche a lui venne sottoposta la “bloody question”, ovvero la domanda su come si sarebbe comportato in caso d’invasione armata dell’Inghilterra da parte dell’esercito del Papa: tuttavia, l’indicazione “prendere la parte della R[egina]”, accanto al suo nome nell’elenco dei condannati, era sbarrata.
Richard subì quindi l’impiccagione al Tyburn di Londra il 30 agosto 1588, a circa ventidue anni.
Suo fratello Owen, invece, dopo dieci anni trascorsi come missionario in patria, venne tradito e imprigionato a Londra, ma dopo sei mesi venne liberato. Probabilmente a causa della morte del fratello, la sua fine terrena venne accelerata: venne ricoverato nella capanna di un povero, dove morì a circa quarantacinque anni il 22 marzo 1590 o 1591.
La causa di beatificazione di Richard Lloyd e di altri potenziali martiri venne introdotta il 9 dicembre 1886, ma il decreto sul martirio venne promulgato solo dopo cent’anni e numerosi riesami, il 10 novembre 1986. Il 22 novembre 1987 Lloyd, inserito in un gruppo di ottantacinque martiri inglesi, venne beatificato.
Il Martirologio Romano, invece, lo ricorda insieme ai suoi effettivi compagni, impiccati nello stesso giorno e nello stesso luogo, anche se sono stati beatificati (o, nel caso di Margaret Ward, canonizzati) in date differenti.

(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Riccardo Lloyd, pregate per noi.

*Beato Santiago Mesa Leyva - Sacerdote e Martire (30 Agosto)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Santiago Mesa Leyva nacque a Cadice, in provincia di Granada e diocesi di Cadice, il 13 febbraio 1875. Il 22 dicembre 1900 fu ordinato sacerdote.
Aveva un beneficio nella cattedrale di Cadice quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Santiago Mesa Leyva, pregate per noi.

*Beato Segundo Arce Majon - Sacerdote e Martire (30 Agosto)

Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Segundo Arce Majón nacque ad Ayoluengo de Lora, in provincia e diocesi di Burgos, il 1° giugno 1880. Il 28 maggio 1904 fu ordinato sacerdote.
Era cappellano delle Scuole dell’Ave Maria di Granada quando morì in odio alla fede cattolica il 31 agosto 1936, nella località di Pozo de la Lagarta, presso Tabernas.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Segundo Arce Majon, pregate per noi.

*Beato Stefano Nehmé - Monaco maronita (30 Agosto)  
Lehfed, Libano, marzo 1889 - 30 agosto 1938
Stefano Nehmé era un monaco converso, umile, riservato, intento a compiere la volontà di Dio attraverso l'osservanza della regola, pieno di spirito di abnegazione. Era sempre disponibile, caritatevole e pacificatore. Fu capace di intessere un buon rapporto con gli operai alle sue dipendenze, godendo allo stesso tempo della fiducia illimitata dei suoi superiori.
Nacque a Lehfed, nella regione di Jbeil in Libano, nel marzo 1889. Due anni dopo la morte del padre, avvenuta nel 1903, chiese di entrare nell'ordine libanese maronita. Venne accolto nel noviziato nel convento dei santi Cipriano e Giustino a Kfifane, nonostante avesse solo 16 anni. Emise la professione solenne il 23 agosto 1907.
Svolse mansioni di falegname, muratore e si occupò del lavoro nei campi. Venne trasferito in vari
conventi dell'ordine, lasciando ovunque una testimonianza di fedeltà alla chiamata di Dio, di impegno ascetico, di preghiera continua.
Sua caratteristica era di fare ogni cosa alla presenza di Dio. A questo proposito, ripeteva spesso:  "Dio mi vede". Morì il 30 agosto 1938 al termine di una giornata di intenso lavoro nei campi. E' stato beatificato il 27 giugno 2010.
Monaco converso nacque nel marzo 1889 nel villaggio di Léhféd-Jbeil, ultimogenito di una famiglia di sette figli. Frequentò la scuola di Notre-Dame des Grâces retta dall’Ordine Libanese Maronita, dove apprese a leggere e a scrivere.
Nel 1905, due anni dopo la morte del padre, entrò nel noviziato dell’Ordine Libanese Maronita, presso il monastero dei Santi Cipriano e Giustina di Kfifan; il 23 agosto 1907 pronunciò i voti monastici con il nome di Estephan, il santo patrono del suo villaggio natale.
Morì il 30 agosto 1938, all’età di 49 anni e fu sepolto nel monastero di Kfifan, dove il suo corpo si conserva incorrotto. “Svolse mansioni di falegname, muratore e si occupò del lavoro nei campi – ha detto padre Paolo Azzi, postulatore generale dell'ordine religioso libanese, in una intervista a 'L'Osservatore Romano'.
Venne trasferito in vari conventi dell'ordine, lasciando ovunque una testimonianza di fedeltà alla chiamata di Dio, di impegno ascetico, di preghiera continua. Sua caratteristica era di fare ogni cosa alla presenza di Dio. A questo proposito, ripeteva spesso: 'Dio mi vede'”.

Dopo i Santi Charbel, Rafqa e Nimatullah, è il quarto figlio dell’Ordine Libanese Maronita ad essere proclamato Beato.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Stefano Nehmé, pregate per noi.

*San Teodosio di Oria – Vescovo (30 Agosto)

secolo IX
Nell'ultimo quarto del secolo IX resse la Cattedra di Oria un grande Vescovo, Teodosio. Secondo la tradizione locale egli fu educato in Oria da monaci orientali, meglio da anacoreti e trascorse la sua giovinezza presso la corte di Costantinopoli. Eletto vescovo, Teodosio si distinse per la sua attività pastorale, indicendo pure, attorno all'881, un Sinodo.
Egli ebbe anche il merito di conservare la pace tra Bizantini e Longobardi e fare convivere nella diocesi la Chiesa latina e quella greca.
Si vuole che Teodosio abbia svolto una missione diplomatica a Costantinopoli per conto del Papa Stefano V, da cui nell'886 ricevette in dono per la sua Chiesa le reliquie dei Santi martiri romani Crisanto e Daria, che depose nella chiesa ipogea a loro dedicata, posta sull'acropoli cittadina e ancora esistente.
Lo stesso vescovo Teodosio accolse in Oria, trasportate dalla Palestina, le reliquie di Barsanufio, Santo eremita del V secolo, e le depose in una grotta-chiesa, presso la porta della Città, dove su un'architrave monolitico è incisa l'epigrafe +Theodosius episcopus corpus sci Barsanophii condidit et dicabit.
Distrutta Oria dai Saraceni, per lungo tempo si perdette il ricordo del Santo. Ritrovate in seguito, le reliquie di Barsanufio furono trasferite nella Cattedrale, dove sono conservate tuttora.
San Barsanufio è il protettore della Città e della Diocesi, che ne celebrano la memoria il 30 agosto.

(Autore: Damiano Nicolella - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Teodosio di Oria, pregate per noi.

*Beato Torcuato Pérez Lòpez – Sacerdote e Martire (30 Agosto)

Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Cadice, Spagna, 4 giugno 1881 – Enix, Spagna, 30 agosto 1936

Torcuato Pérez López nacque a Cadice, in provincia di Granada e diocesi di Cadice, il 4 giugno 1881. Il 27 maggio 1904 fu ordinato sacerdote.
Era Sacrestano maggiore della Cattedrale di Cadice quando morì in odio alla fede cattolica il 30 agosto 1936, nella località di Barranco del Chisme, presso Enix.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Torcuato Pérez Lòpez, pregate per noi.

*Beato Vincenzo Mattia Cabanes Badenas - Sacerdote e Martire (30 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Terziari Cappuccini dell'Addolorata”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”  

Martirologio Romano: A Bilbao sempre in Spagna, Beato Vincenzo Cabanes Badenas, sacerdote del Terz’Ordine di San Francesco degli Incappucciati della Beata Vergine Addolorata, e martire, che, durante la medesima persecuzione contro la fede, meritò di essere ammesso al convito eterno.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Vincenzo Mattia Cabanes Badenas, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (30 Agosto)

*Beato Ildefonso Schuster - Vescovo
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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